Il polverone
politico-mediatico sollevato dallo scontro tra «europeisti» e
«sovranisti» nasconde quella che invece è la realtà: un
europeismo senza Europa e un sovranismo senza sovranità.
A innalzare
strumentalmente la bandiera dell’europeismo è in questo momento il
presidente Macron, per far avanzare la potenza francese non solo in
Europa ma in Africa.
La Francia, promotrice
con gli Usa della guerra Nato che nel 2011 demolì lo Stato libico
(nella quale l’Italia svolse un ruolo di primo piano), cerca con
tutti i mezzi di controllare la Libia: le sue ricche risorse –
enormi riserve di petrolio, gas naturale, acqua fossile – e lo
stesso territorio libico di grande importanza geostrategica. A tal
fine Macron appoggia le milizie che combattono il «governo» di
Fayez al-Serraj, sostenuto dall'Italia che con l’Eni mantiene
grossi interessi nel paese.
Questo è solo uno degli
esempi di come l’Unione europea, fondata sugli interessi delle
oligarchie economiche e finanziarie delle maggiori potenze, si stia
sgretolando per contrasti di natura economica e politica, di cui la
questione dei migranti è solo la punta dell’iceberg.
Di fronte al predominio
di Francia e Germania, il governo 5 Stelle-Lega ha fatto una precisa
scelta: accrescere il peso dell’Italia legandola ancora più
strettamente agli Stati uniti. Da qui l’incontro del presidente
Conte col presidente Trump, a cui i media italiani hanno dato scarso
rilievo. Eppure in quell’incontro sono state prese decisioni che
influiscono notevolmente sulla collocazione internazionale
dell’Italia. È stato anzitutto deciso di creare «una cabina di
regia permanente Italia-Usa nel Mediterraneo allargato», ossia
nell’area che, nella strategia Usa/Nato, si estende dall’Atlantico
al Mar Nero e, a sud, fino al Golfo Persico e all’Oceano Indiano.
La regia in realtà è in mano agli Usa, in specifico al Pentagono,
mentre all’Italia spetta qualche compito secondario di assistente
alla regia e genericamente il ruolo di comparsa. Secondo Conte,
invece, «è una cooperazione strategica, quasi un gemellaggio, in
virtù del quale l’Italia diventa punto di riferimento in Europa e
interlocutore privilegiato degli Stati uniti per le principali sfide
da affrontare». Si annuncia così un ulteriore rafforzamento della
«cooperazione strategica» con gli Stati uniti, ossia del ruolo
«privilegiato» dell’Italia quale ponte di lancio delle forze
statunitensi, anche nucleari, sia verso Sud che verso Est.
«All’Italia
l’amministrazione americana riconosce un ruolo di leadership come
paese promotore della stabilizzazione della Libia», dichiara Conte,
annunciando implicitamente che l’Italia, e non la Francia (meno
affidabile agli occhi di Washington), ha avuto dalla Casa Bianca
l’incarico di «stabilizzare» la Libia. Si tratta di vedere come.
Non basterà la
Conferenza internazionale sulla Libia, che dovrebbe svolgersi in
autunno in Italia, prima delle «elezioni» libiche sponsorizzate
dalla Francia che dovrebbero tenersi in dicembre. Occorrerà da parte
italiana un impegno militare direttamente sul campo, dai costi umani
e materiali e dagli esiti imprevedibili.
La scelta «sovranista»
del governo Conte riduce quindi ulteriormente la sovranità
nazionale, rendendo l’Italia ancora più dipendente da ciò che
decidono a Washington, non solo alla Casa Bianca, ma al Pentagono e
alla Comunità di intelligence, composta da 17 agenzie federali
specializzate in spionaggio e operazioni segrete.
La vera scelta sovranista
è l’attuazione reale del principio costituzionale che l’Italia
ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri
popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali.
il manifesto, 4 settembre
2018
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