Strane vacanze
Il brano sotto riportato,
e ripreso dal domenicale de “Il Sole 24 Ore” come queste notizie
introduttive, è tratto da Scacco allo zar. 1908-1910: Lenin a
Capri, genesi della Rivoluzione (Mondadori, Milano, pagg.154,
€18,50). Racconta di due soggiorni di Lenin a Capri, tra il 1908 e
il 1910. Proprio qui, dopo la fallita rivoluzione del 1905, si era
formata una piccola colonia di esuli russi, riunitisi attorno a
Gorkij, scrittore di successo e fiore all'occhiello dei bolscevichi,
una cerchia di intellettuali che darà vita alla cosiddetta Scuola di
Capri, vero e proprio laboratorio di formazione per rivoluzionari
basato su una concezione antiautoritaria del marxismo, una pericolosa
deviazione dall'ortodossia secondo Lenin. Nell'aprile del 1908 Lenin
arrivò a Capri, ufficialmente per un periodo di svago ma in realtà
anche per controllare questi rivali interni: vi rimarrà per alcuni
mesi, ritornandovi poi nel 1910 e intrecciando relazioni con il gotha
dell'aristocrazia europea: dalla potentissima famiglia industriale
dei Krupp alla regina di Svezia. (S:L:L:)
Capri 2011. Lenin e Bogdanov giocano a scacchi sotto lo sguardo di Gorkij |
Era l'ora del crepuscolo
quando il vaporetto Principessa Mafalda, un po' ansimante, iniziava
le manovre per entrare nella piccola rada di Marina Grande. L'arrivo
del traghetto faceva scattare un metodico rituale: allora a Capri non
esisteva ancora un molo e i barcaioli che avevano il compito di
trasbordare i passeggeri a terra prendevano a gridarsi istruzioni
quasi incomprensibili in dialetto napoletano: «Rema! Piano!
Avvicina!».
Ad aprile gli arrivi da
Napoli del traghetto postale della Compagnia di Navigazione del
Golfo, una nave a vapore con ruote laterali, cominciavano a essere
regolari, diversamente dall'inverno, quando spesso, a causa del mare
grosso, le corse erano interrotte e Capri restava isolata dal
continente. Con la navigazione tranquilla la primavera portava
sull'isola i primi viaggiatori, perlopiù stranieri, che aprivano gli
arrivi della bella stagione. Al comando di quel traghetto c'era il
capitano Mario Cafiero, figlio di un anarchico pugliese che affermava
di aver conosciuto di persona Marx ed Engels. Raccontava quella
storia di frequente e i marinai, stufi di sentirsela ripetere,
fingevano di ascoltarlo.
Il padre del comandante
si chiamava Carlo Cafiero e proveniva da una famiglia della piccola
nobiltà pugliese. Da ragazzo, a Barletta, avrebbe voluto diventare
prete, ma poi, all'università, era stato attratto da un altro
fervore religioso: il socialismo. Dopo la laurea in Giurisprudenza a
Napoli, era finito prima a Firenze, poi a Parigi, dove aveva
assistito agli strascichi della Comune, quindi a Londra, dove forse
aveva conosciuto Marx e sicuramente era entrato a far parte della
cerchia dei giovani socialisti vicini a Engels.
Durante la tranquilla
traversata il comandante non badò a chi avesse a bordo.
Col vaporetto giungevano
sull'isola i giornali, il plico della prefettura per il comune, che
conteneva le ultime circolari, quello per la stazione dei
carabinieri, gli ordinativi del farmacista e le merci. Per primi,
però, venivano trasbordati i passeggeri.
La sera del 23 aprile
1908 il mare era particolarmente calmo e il rossore del tramonto
esaltava le bellezze dell'isola. Non erano in molti ad aver fatto la
traversata di due ore da Napoli, poco più di una quindicina di
persone. Per raggiungere Capri era anche disponibile il battello
tedesco Nixe, che salpava ogni giovedì alle nove dal molo di Santa
Lucia, davanti a Castel dell'Ovo, a Napoli, per giungere a Sorrento
alle dieci e a Capri alle undici, puntuale come tutte le
organizzazioni tedesche. In estate c'era una validissima alternativa
perché la linea era coperta anche da un bateau-salon della
Norddeutsche Lloyd.
Dopo i passeggeri più
frettolosi, pendolari di ritorno da Napoli che avevano urgenza di
raggiungere le loro case, fu un uomo di bassa statura e dalla
corporatura robusta a fare il piccolo saltello necessario per passare
dalla barca alla banchina di legno. Stempiato, aveva baffi scuri e
folti, una barbetta che gli contornava il mento, e calzava un
cappello nero a bombetta di foggia inglese, di quelli che si vedevano
nelle vie eleganti della City. Curato ma senza alcuno sfarzo, si
faceva notare per una camicia a collo morbido, legato con un cordone
ornato di nappine alle estremità, secondo la moda dei signori
altolocati.
L'età non era facilmente
definibile, probabilmente intorno ai quarant'anni, e ciò che lo
distingueva dagli altri visitatori che scendevano dal traghetto era
un'aria estremamente seria, rivelatrice di un carattere allo stesso
tempo energico e capace di incutere timore. Non aveva certo
l'atteggiamento di quei tedeschi o inglesi che giungevano a Capri in
cerca di sole e di emozioni mediterranee.
Trascinava con sforzo una
grande valigia rettangolare di colore marrone, anche questa di ottima
fattura inglese, in pelle rinforzata da stringhe di cuoio, e un'altra
borsa più piccola. Non viaggiava solo. Poco più indietro lo seguiva
una donna molto elegante nei modi e negli abiti, con grandi occhi
neri e capelli castani e ribelli. Oltre che per la bellezza, il suo
aspetto colpiva perché suggeriva una personalità forte e
ammaliatrice.
Ai viaggiatori si fece
incontro una coppia: lui di statura imponente, di gran lunga
superiore alla media, quasi atletico, con una nerissima e folta
capigliatura e vistosi baffi; lei una signora di estrema bellezza,
dalla carnagione chiara, che metteva in evidenza tratti ben diversi
da quelli delle donne mediterranee del luogo, e con un portamento che
indicava sicure origini nobili. Gli abiti di grande eleganza ne
facevano risaltare ancora di più l'aspetto.
Non parlavano né
l'inglese né il tedesco, lingue che da almeno mezzo secolo i capresi
avevano imparato a distinguere anche quando non le conoscevano. I
quattro cominciarono subito a salutarsi in maniera gioiosa,
soprattutto i due uomini, con una cordialità che lasciava trasparire
una radicata amicizia.
L'uomo appena sbarcato
era Vladimir Il'ic Ul'janov, un russo originario di Simbirsk, remota
città dell'Impero zarista sulle rive del Volga. Apparteneva alla
nobiltà ereditaria e tutti in patria lo conoscevano come Lenin. I
due che lo attendevano sulla banchina erano lo scrittore Aleksej
Maksim Gor'kij e la sua compagna Marija Fedorovna Jurkovskaja, più
nota col nome di Andreeva, ex attrice del teatro Chudozhestvennyj,
una coppia molto famosa in Russia.
Mentre il gruppetto di
amici completava i saluti, due giovani capresi, un uomo e una donna,
prelevarono il bagaglio e iniziarono a seguire con discrezione i
russi. Facevano parte della servitù che i coniugi Gor'kij avevano
reclutato sull'isola e che li accudiva a Villa Settanni, la bella
residenza dove si erano stabiliti. Qualche ora prima della traversata
nel golfo, l'ospite russo era sbarcato al porto di Napoli,
proveniente dalla città francese di Marsiglia. L'arrivo a Capri fu
discreto, senza i clamori e l'accoglienza che avevano segnato circa
un anno e mezzo prima lo sbarco dello scrittore.
Sulla banchina sostava,
volutamente appartato e in borghese, il delegato della regia polizia
italiana, giunto il giorno prima da Napoli: si limitava a osservare e
a prendere qualche appunto. Lo chiamavano «cavaliere». Antonio
Tiseo si ostinava a non ammettere di essere un poliziotto, ma tutti
ne conoscevano l'identità. Per lui quel nuovo russo non
rappresentava granché. Sarà stato anche un cospiratore, ma al
momento non era nulla di più che un altro ospite dello scrittore. Il
delegato si limitò a confrontare i tratti del viaggiatore appena
sbarcato con una pessima fotografia che la polizia zarista aveva
fatto pervenire a quella italiana. A prima vista i due volti, quello
reale e quello sul cartoncino, non si somigliavano affatto.
Lenin era stato arrestato
la prima volta nel 1895, durante gli scioperi operai a San
Pietroburgo, e in quell'occasione gli era stata scattata una foto
segnaletica.
Al momento il funzionario
aveva concluso la sua missione: sapeva dove risiedeva Gor'kij e gli
bastava aver constatato l'arrivo del russo. Del resto i suoi maggiori
problemi erano la sicurezza della principessa reale di Svezia, che
spesso soggiornava ad Anacapri, e quella di altri illustri
visitatori, come la moglie di Edoardo VII d'Inghilterra. Dallo stesso
traghetto era sbarcato il poeta boemo di lingua tedesca Rainer Maria
Rilke, ma è probabile che non conoscesse il viaggiatore russo.
“Il Sole 24 ore –
Domenica”, 26 febbraio 2012
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