28.9.18

L'abisso dell'infinito e l'audacia di Newton (Voltaire)

Isaac Newton

Il labirinto e l’abisso dell’infinito rappresentano una nuova strada percorsa da Newton, e da lui deriva il filo che può farci da guida. Anche in questo sorprendente complesso di novità, suo precursore è Cartesio: nella sua geometria, egli procedeva a grandi passi verso l’infinito, ma si arrestò sull’orlo di esso. Wallis, alla metà circa del secolo scorso, fu il primo che ridusse una frazione, con una divisione perpetua, a una serie infinita. Milord Brouncker si servì di tale serie per
Voltaire
la quadratura dell’iperbole. Mercator pubblicò una dimostrazione di tale quadratura. È press’a poco in quel tempo che Newton, all’età di ventitré anni, inventava un metodo generale per fare su tutte le curve ciò che si era appena tentato sull’iperbole.
Questo metodo di sottomettere ovunque l’infinito al calcolo algebrico si chiama calcolo differenziale o delle flussioni, e calcolo integrale. È l’arte di numerare e di misurare con esattezza ciò di cui non si può nemmeno concepire l’esistenza.
In effetti, non credereste che ci si voglia burlare di voi se vi si dicesse che esistono linee infinitamente grandi le quali formano un angolo infinitamente piccolo? Che una retta, ch'è retta finché è finita, mutando infinitamente poco in direzione, diviene una curva infinita, e che una curva può diventare infinitamente meno curva? Che vi sono dei quadrati d’infinito, dei cubi d’infinito, e degli infiniti d infinito, di cui il penultimo è nulla in confronto all’ultimo?
Tutto ciò, che a prima vista sembra il colmo dello sragionamento, rappresenta in realtà il massimo dell’acume e dell’audacia dello spirito umano, e costituisce il metodo per trovare verità che fino allora erano sconosciute.
Questa costruzione tanto ardita è poi basata su idee molto semplici. Si tratta di misurare la diagonale d’un quadrato, di ottenere l’area di una curva, di trovare la radice quadrata di un numero che non ne ha affatto nell’aritmetica ordinaria.

Lettere inglesi, a cura di Paolo Alatri, Editori Riuniti, 1971

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