16.9.18

"Poesie, ancora poesie". Antonio Skármeta racconta Pablo Neruda

È appena uscito per Guanda La magia in azione, un libro in cui Antonio Skármeta, l'autore del Postino di Neruda, da cui fu tratto l'ultimo bellissimo film di Massimo Troisi, racconta il grande poeta cileno e al racconto lega una originale, personalissima antologia della sua opera. Libro da narratore più che da critico, leggero, scorrevole, pieno di aneddoti e acute intuizioni. Ho qui ripreso una paginetta delle prime, che mi ha commosso. Non è difficile intuire perché. (S.L.L.)
Pablo Neruda
Quando pubblicai il mio primo libro con il titolo El entusiasmo (ottimismo che i miei lettori comprenderanno se giuro che all’epoca ero giovane, magro e avevo ancora tutti i capelli in testa) corsi a casa di Neruda a Isla Negra per strappargli un giudizio, e magari anche un incoraggiamento.
Spronai la mia veloce Due Cavalli e arrivai con il libro che mi palpitava tra le dita. Neruda se lo rigirò tra le mani dandogli un’occhiata, lo sfogliò annoiato e tirandosi su i pantaloni mi disse: «Bene, ragazzo. Nel giro di due mesi ti farò sapere cosa ne penso».
Due settimane dopo feci suonare a distesa tutte le campane di Isla Negra.
Il poeta aprì, e quello che segue fu il nostro dialogo.
«Poeta, sono io.»
«Lo vedo.»
«L’ha letto?»
«Sì.»
«E cosa gliene pare?»
Neruda levò gli occhi verso alcuni uccelli migratori, sicuramente desideroso di spiccare il volo insieme a loro.
«È buono» disse.
Antonio Skármeta
Venni assalito dal pudore e dall’orgoglio. Il poeta Pablo Neruda trovava buono il mio libro. Dovetti ancorarmi coi piedi per terra per non cominciare a levitare.

«Tuttavia» aggiunse abbassando bruscamente lo sguardo sulla mia fronte, «ciò non significa niente, perché tutte le opere prime degli scrittori cileni sono buone.» Fece una pausa teatrale. «Meglio aspettare la seconda prova.»
Anni dopo, il mio rapporto con Neruda - in seguito a varie peripezie di natura sentimentale e picaresca in cui lo ebbi come padrino e incredulo testimone - divenne più concreto.
Intorno al 1969 venne candidato alla presidenza della Repubblica e io ebbi occasione di vederlo durante la campagna elettorale in un umile paesino nei dintorni di Santiago. Aveva piovuto e le quasi duecento persone venute ad ascoltare il suo discorso avevano i piedi che sprofondavano nel fango. Era gente poverissima, e di sicuro la loro condizione non gli aveva consentito di andare oltre i primi anni di scuola elementare. Il poeta terminò controvoglia il suo discorso e si accingeva a scendere dal palchetto di legno quando la gente glielo impedì gridando: «Poesie, poesie, vogliamo poesie». Neruda si fece pregare solo un minuto e poi prese di tasca un libro.
La scena di queste duecento persone, intirizzite dal freddo, che probabilmente non avevano ancora mangiato niente e che chiedevano «poesie» e ancora «poesie», mi si è impressa fortemente nella memoria e ho deciso che non l’avrei mai dimenticata. Forse questa è un’altra delle modeste ragioni che mi hanno spinto a scrivere Il postino di Neruda.
Il poeta morì nel 1973, dieci giorni dopo il golpe militare che costò la vita a Salvador Allende e privò per molti anni il Cile della libertà. Per una dolorosa coincidenza il poeta e la democrazia morivano insieme. Era quasi una metafora quella che la storia mi offriva. Decisi di raccoglierla con devozione.

da Skármeta – Neruda, La magia in azione, Guanda 2018

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