Maurizio Mori, anche su mia sollecitazione, mi ha raccontato più volte la scissione di Palazzo Barberini. Tra quelli che lasciarono il Psi c'era anche lui, anche se, insieme al suo amico Walter Binni non seguì Saragat nella fondazione del nuovo partito (in quel momento Psli, solo più tardi, dopo la confluenza di Romita, si sarebbe chiamato Psdi). Ma con Saragat si schierarono, tra gli altri, Livio Maitan e Lucio Libertini, con tutta una componente più o meno consapevolmente trotzkista.
Secondo Maurizio è un errore ritenere che si trattasse soltanto della separazione di un vecchio notabilato riformista, ostile ai comunisti e finanziato dagli americani. I giovani della Fgs criticavano da sinistra l'appiattirsi del Psi su posizioni staliniste e la corrente di Matteotti e Zagari, Iniziativa Socialista, era portatrice di una visione avanzata dei rapporti sociali.
Oggi su un vecchio inserto de "l'Europeo" del 20 aprile 1981 dedicato alla Nascita della Repubblica, trovo due rievocazioni di quel passaggio storico che confermano la lettura di Maurizio. La prima, di contesto, è di Leo Valiani, la seconda, dall'interno come quella di Mori è la testimonianza di Mario Zagari, in una intervista rilasciata a Giampiero Mughini. La riporto nei passaggi più importanti. (S.L.L.)
Secondo Maurizio è un errore ritenere che si trattasse soltanto della separazione di un vecchio notabilato riformista, ostile ai comunisti e finanziato dagli americani. I giovani della Fgs criticavano da sinistra l'appiattirsi del Psi su posizioni staliniste e la corrente di Matteotti e Zagari, Iniziativa Socialista, era portatrice di una visione avanzata dei rapporti sociali.
Oggi su un vecchio inserto de "l'Europeo" del 20 aprile 1981 dedicato alla Nascita della Repubblica, trovo due rievocazioni di quel passaggio storico che confermano la lettura di Maurizio. La prima, di contesto, è di Leo Valiani, la seconda, dall'interno come quella di Mori è la testimonianza di Mario Zagari, in una intervista rilasciata a Giampiero Mughini. La riporto nei passaggi più importanti. (S.L.L.)
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Perché lasciammo Nenni
Zagari, qual era il peso e l'influenza di "Iniziativa Socialista" nel Psi del pre-scissione?
"Al congresso di Firenze del 1946 raccogliemmo il 40% dei voti congressuali. Alleati con il gruppo Pertini-Silone e con i riformisti milanesi di "Critica sociale" eravamo maggioranza nel partito".
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Quali erano le figure più rappresentative?
"C'era Matteo Matteotti, Giuliano Vassalli, Italo Pietra (più tardi direttore de "Il Giorno"), il giovane Lucio Libertini, il giovane Livio Maitan, divenuto poi leader dei trotzkisti della IV Internazionale. Avevamo con noi la grandissima maggioranza della Federazione giovanile".
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Qual era esattamente la vostra posizione politica?
"Eravamo autonomisti e di sinistra. Volevamo un Psi sottratto alle conseguenze di Yalta, della divisione internazionale in blocchi. Eravamo rivoluzionari, ma pensavamo che il modello di rivoluzione non si dovesse importare dall'Est. Accettavamo il patto di unità d'azione con i comunisti ma, a differenza di Nenni e Morandi, volevamo che il Psi vi avesse un ruolo autonomo, tale da trascinare il Pci verso quello che oggi chiamano "eurocomunismo"".
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Quali erano i vostri rapporti con Saragat?
"In un primo tempo Saragat era tutto dalla parte dell'unità d'azione con i comunisti. Durante la Resistenza sono stato in cella con lui e ricordo che riteneva quel patto un capolavoro politico. Nel dopoguerra Saragat era stato ambasciatore a Parigi e si era defilato dalla batrtaglia interna al Psi. Quando tornò in Italia era equidistante tra noi e Nenni".
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Nel corso del 1946 perdeste il controllo del partito a tutto vantaggio del frontisti...
"Eravamo ragazzi, ignari della tecnica politica. Nenni e Morandi cominciarono a schiacciarci come un rullo compressore. In molte federazioni si rovesciarono i rapporti di forza. Lo stesso Ivan Matteo Lombardo, il segretario uscito dal congresso da noi stravinto, cominciava a fare troppe concessioni alle posizioni frontiste".
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Quando decideste che non c'era altro da fare se non la scissione?
"Nel dicembre 1946, quando mi dimisi dall'ufficio internazionale, lo scontro era ormai inevitabile".
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Sandro Pertini tentò qualche mediazione...
"Effettivamente Pertini aveva ai nostri occhi una funzione rassicurante. Era pur sempre l'amico di Filippo Turati, il figlio del vecchio ceppo riformista. Fosse stato lui il segretario del partito e non Lelio Basso, la scissione non si sarebbe fatta".
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Eravate dei socialisti di sinistra. Non capiste che l'adesione di Saragat all'operazione le avrebbe inevitabilmente conferito un segno di destra?
"Non dimentichi che la scissione avvenne col ritratto di Lenin dietro il tavolo della presidenza. Tra noi c'era un grande entusiasmo, l'adesione della base giovanile del partito. Temevamo che la contrapposizione frontale potesse minare la democrazia e pensavamo che il nuovo partito potesse arricchire la dialettica politica. Un segno di destra lo acquistò dopo quando Saragat decise di aderire alla Nato e di entrare nel governo a dominante democristiana".
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Malgrado la vostra opposizione...
Sì. Insieme a una parte di "Critica sociale" avevamo costituito la sinistra socialdemocratica. La lotta con Saragat fu ai ferri corti: in direzione la spuntò lui per un solo voto...
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