13.5.12

Garum (di Patrizia Maisto)

Il garum era - al tempo dell’impero romano - il più ricercato dei condimenti. Questa salsa, specie se prodotta in alcune zone e con alcune varietà di pesci, era molto cara ed oggetto di commercio internazionale. Le discussioni che tra gli storici dell’alimentazione sono sorte in passato sulla ricetta del garum sembrano oggi superate dalla costatazione, condivisa, che ve ne erano numerose qualità, anche assai diverse l’una dall’altra, per ogni esigenza economica o gastronomica. La descrizione delle modalità di produzione che segue è tratta da un più ampio articolo sul commercio della salsa. (S.L.L.)
Anfore da garum da Pompei
al Museo Nazionale di Napoli
La composizione può lasciare perplesso chi non ama i sapori molto forti. Nelle vasche più piccole si mettevano pesci minuti non eviscerati (alici, sardine, aringhe) insieme a pezzi di sgombri e ricciole di grossa taglia; il tutto veniva «arricchito» di interiora e teste. Si aggiungeva dell'erba aromatica e del sale in quantità equivalente alla metà del pesce in modo da impedire la putrefazione, e si lasciava così per due o tre mesi, affinché il pesce potesse macerarsi e fermentare. A volte si aiutava la fermentazione trasportando il composto in una camera riscaldata (qualora la fabbrica ne fosse provvista); da qui si trasportava in un ambiente attiguo in modo da ottenere un raffreddamento graduale. A fermentazione avvenuta si metteva dentro la vasca un cesto la. cui funzione, pressando il contenuto sottostante, era quella di filtrarne il liquido, ovvero il garum. La feccia che rimaneva si univa ad altro pesce fresco per preparare altro garum, oppure, come faceva Catone si dava agli schiavi.

In Storia e Dossier, Anno III n.16, marzo 1988

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