31.5.12

I fottuti di Leopardi e Rossini (di Gian Luigi Becccaria)

Dalle “Parole in corso” del professore Beccaria una riflessione su neologismi e vezzi linguistici, piena di sapienti curiosità (S.L.L.)

Che nessuno sappia più che cos’è la cantabrina, quel tubo di gomma che previo risucchio eseguito con la bocca, ponendo in comunicazione due vasi contigui, è usato per travasare un liquido da un recipiente all’altro con percorso contrario a quello gravitazionale..., che nessuno dunque sappia che diavolo di parola sia mai, non stupisce proprio, neppure in tempi di luna crescente, adatti a travasare il vino dalla damigiana alle bottiglie. Ora sono piuttosto di nostra competenza le parole nuove che giornali, Tv, tecnica e informatica, ci propongono ogni giorno. Si vedano ad esempio nell’ultima edizione della Garzantina: aviaria, nanostrutture, cellule staminali, blog, blob, wikipedia, cuneo fiscale, i pacs, le quote rosa.
La politica soprattutto è stata in questi anni prodiga di parole nuove: sdoganare direi, nel senso figurato e specializzato di togliere un politico da una collocazione marginale e reintrodurlo a pieno titolo nel circuito attivo della politica che conta; nuova (comunque ha almeno dieci anni, visto che comincia nel ‘96 a diffondersi nel linguaggio giornalistico-politico) una parola come doppiopesismo, da cui doppiopesista per indicare chi di fronte a due o più comportamenti analoghi dà giudizi diversi; sembra recentissimo, eppure ha anch’esso almeno dieci anni di vita, un neologismo come cerchiobottista, riferito a chi dà un colpo al cerchio e uno alla botte, alla persona cioè che si destreggia tra posizioni opposte e non si schiera né per una né per l’altra parte. Risalgono a quegli anni parole nuove in -ista come debolista, il sostenitore del pensiero debole, e in -ismo, come quel qualcunismo (1993) poi scomparso, ma sono restati buonismo, cattivismo (1995), e malpancismpo, indisposizione dei malpancisti. Oggi c’è il tesoretto, domani non c’è più; c’è lo scalone, che il giorno dopo diventa uno scalino…
Dirò che a volte sembra un nuovo vezzo quel che invece è ben antico: apro la Tv e sento dire ad ogni piè sospinto «ora andiamo a condire l’insalata», «ora gli atleti vanno a tagliare il traguardo», «andiamo a vedere il filmato»: «andare» sembra diventato (ma accade da tempo) una sorta di nuovo verbo ausiliare. Così era sembrato modismo americano, introdotto dall’informalità dei giovani e dai doppiatori, quel fottuto che inzeppava ogni dire. In realtà lo si può notare già in una lettera di Rossini, «un fiasco fottuto», e in Leopardi, quel «fottuto paese».

"La Stampa", 4 agosto) 

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