Alla base della meccanica
classica c'è l'idea che un punto materiale muovendosi nello spazio
tracci una traiettoria, una curva non solo continua, ma quasi sempre
derivabile. E, per estensione, che anche le velocità, le energie, e
le altre grandezze della meccanica siano rappresentate da curve quasi
sempre continue e per di più derivabili. E, ancora per estensione,
in termodinamica e in elettrodinamica, c'è sempre l'ipotesi che ogni
grandezza possa essere rappresentata da una traiettoria. Due ipotesi
quindi: 1) a ogni istante dato, una grandezza fisica è situata in un
punto preciso di uno spazio; 2) che in istanti successivi questi
punti si susseguono a formare una curva quasi sempre continua.
Consideriamo qui la prima
ipotesi.
Significa, per esempio,
che sia sempre possibile stabilire la velocità esatta di un corpo in
movimento, ovvero, che a ogni istante la velocità di quel corpo
assuma un «valore vero». Ma come facciamo a conoscere questo valore
vero? Dobbiamo misurare la velocità. Ovvero misurare delle distanze
e dei tempi, usare dei metri e degli orologi. Ora, ai limiti estremi
di precisione degli strumenti, misurazioni ripetute forniscono
risultati leggermente diversi per errori casuali, per una quantità
di fattori minimi che influiscono sull'esperimento. Questi risultati
diversi si situano un po' sotto e un po' sopra del loro valore medio.
Tutto quel che sappiamo è che il «valore vero» sta da qualche
parte vicino al valore medio dentro lo scarto inferiore e superiore
degli errori. Se volessimo rappresentare questa situazione nello
spazio, diremmo che la velocità che misuriamo non descrive una curva
puntuale, ma si situa da qualche parte dentro un tubo che si snoda
nello spazio. E lo spessore del tubo è determinato dallo scarto di
errori nelle misure.
Ma se la situazione è
questa, e se dovessimo prendere per buono solo quel che ci dicono gli
esperimenti, non avrebbe senso parlare di «valore vero». Che il
valore vero esista sul serio è un assioma a priori che la fisica
classica ha postulato. Le origini di questo assioma risalgono assai
lontano, al ritorno del platonismo nella filosofia naturale del
rinascimento, all'applicazione dello schema neoplatonico di Galileo
(«la matematica è l'alfabeto con cui dio ha scritto il libro della
natura») alla geometria analitica cartesiana e al suo determinismo:
all'idea che a un ente corrisponda sempre un preciso insieme di
numeri.
Così, poiché gli
esperimenti non mostravano curve, cioè traiettorie puntuali, ma tubi
snodati nello spazio, i fisici hanno sostenuto la tesi seguente: è
vero che oggi abbiamo a che fare non con traiettorie puntuali ma con
tubi, però con strumenti sempre più precisi e con misure sempre più
accurate, lo spessore del tubo diminuirà progresivamente: così che
l'esistenza di una traiettoria si maschera non da postulato, ma da
obiettivo limite, uno scopo ideale che non sarà mai raggiunto
effettivamente, ma che sarà progressivamente approssimato. Non un
assioma, ma il frutto infinitamente lontano di un enorme lavoro e
progresso umano. La traiettoria puntuale rappresenta l'obiettivo
limite del progresso nelle misure della fisica.
Non è quindi nel
presente che si situa il determinismo della fisica, ma da un lato
nell'astrazione di un assioma e dall'altro in un futuro infinitamente
lontano come esito finale di un progresso. Determinismo, idea di
progresso, esistenza postulata di una traiettoria puntuale si
connettono così in una rete concettuale che costituisce l'orizzonte
di pensiero della meccanica classica.
Dietro quest'orizzonte,
c'è naturalmente l'ipotesi che tutte le grandezze della fisica
possano essere misurate simultaneamente. E' importante notare che
tutta la fisica statistica, per esempio la termodinamica dei gas, si
situa dentro quest'orizzonte e che quindi ragionamenti probabilistici
possono coesistere, anzi coesistono con il determinismo della
meccanica classica, poiché anch'essi danno per scontato che ogni
singola molecola di gas abbia una sua traiettoria. Probabilismo e
determinismo non si scontrano dunque finché le traiettorie esistono.
Sarà solo in questo secolo che il concetto di traiettoria sarà
messo drasticamente in discussione.
“il manifesto”, 12
settembre 1989
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