2.12.14

Strage d’amianto, conto da pagare (Alberto Gaino)

Il sistematico e interessato attacco alla magistratura dei berlusconidi ha lasciato passare il principio di una sorta di sacralità delle sentenze magistratuali. 
In verità la magistratura non è estranea al "richiamo della foresta", vive ed opera in un contesto in cui il primato del padronato e del capitale (“l'impresa” li chiama l'ideologia dominante) sui diritti del lavoro e dell'ambiente si esprime non solo in una legislazione sempre più permissiva, ma in una interpretazione delle leggi esistenti sempre meno rigorosa, soprattutto da parte di quella Cassazione che è da sempre il baluardo della conservazione sociale. 
L'articolo che segue, da “narcomafie”, rivista e sito del gruppo Abele, pone 2 problemi: il precedente negativo creato dalla sentenza Eternit e il risarcimento dei danni procurati dall'amianto. Se ci fossero un partito e un sindacato come si deve su questi temi costruirebbero su una campagna continuativa diffusa in tutto il territorio, per strappare risultati. Invece si proclama l'indignazione e tutto finisce lì. 
Anche della promessa di Renzi di modificare in questi casi le leggi sulla prescrizione si è parlato per mezza giornata; il cambiamento che serve subito per il giovane premier è un altro: consentire il licenziamento senza “giusta causa”. (S.L.L.)
Dopo questa sentenza, in Italia non si potrà condannare nessuno per disastro doloso causato dell’amianto: la Cassazione ha equiparato le stragi silenziose provocate dalla politica industriale dell’Eternit all’incendio di un bosco per mano di un piromane. Per quest’ultimo reato i 12 anni previsti per concludere l’iter processuale bastano ad evitare la prescrizione. Per l’amianto no: la latenza dei mesoteliomi associati all’inalazione di fibre di amianto dura anche 40 anni.
Applicando alla lettera il codice, la Cassazione non ha soltanto dato un’interpretazione formalistica della legge. Ha dimostrato di voler ignorare la specificità del disastro doloso a causa dell’amianto e negato in radice la possibilità di procedere con altri processi di questo genere. Perché stiamo parlando di responsabilità del passato – nuovi termini di prescrizione non potrebbero essere applicati per il passato – in cui affondano le radici di un dramma sociale ed umano che ha registrato 15.845 casi di mesoteliomi nel periodo 1993-2008 (il primo di cui si abbia certezza di numeri). Da allora, ogni dodici mesi, muoiono altre 2000 persone, come minimo: il Registro nazionale dei mesoteliomi conta pochissimi casi nel Sud e nelle isole (a Siracusa vi era un importante stabilimento Eternit). Solo nel Napoletano, per questo processo, la magistratura torinese è riuscita a censire quasi 500 casi di morte o di malattia. Non se ne conosceva uno, prima. E’ stato un disastro doloso di drammatiche proporzioni che, grazie alle scelte di Stephan Schmidheiny, continuerà a colpire nelle città Eternit sino a raggiungere il picco di morti nel 2025. Per questo motivo, due diversi collegi di giudici nei due processi di merito avevano interpretato come permanente il reato di disastro doloso, legato cioè ad ogni nuovo decesso e non alla data di fallimento di Eternit Italia, nel 1986. Se la politica italiana oggi vuol fare qualcosa di utile e non solo rituali proclami presenti il conto ai vari Schmidheiny che hanno inquinato l’Italia con l’amianto. Abbiamo 34 mila siti e 32 milioni di tonnellate di amianto ancora da bonificare. Almeno il conto da pagare non va in prescrizione.


da narcomafie.it, 21 novembre 2014

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