3.12.14

Ramses II. Un ricordo dal Sessantotto (S.L.L.)

Lo chiamavano Ramses II, qualcuno anche Mefistofele, ma per l'anagrafe era Pierfranco. L'ho conosciuto nel Sessantotto, sì, proprio l'anno fatidico, in facoltà. Riservato come un monaco di clausura e timido fino alla paura, portava occhiali da miope, scuri, quasi a nascondersi. Voce nasale e tono basso.
Ma non passava inosservato. Curava meticolosamente un curioso ornamento del volto, un lungo pizzetto che s'arrotolava su se stesso in termine, grazie all'azione di un bigodino. E questo ricordava le immagini dei Faraoni e le barbe caprine, tipiche dei diavoli di prima classe. I palermitani identitari aggiungevano perciò un altro soprannome, “Vaibbuzza” (barbetta), con quella “iota” sottopronunciata che nella loro parlata ha spesso il posto della “erre impura” dei toscani.
Sembrava ben preparato, per l'età, e di molte cose curioso, si mostrava riflessivo e ragionatore. Era iscritto a Filosofia, del resto, anche se subiva – come tanti – l'attrazione fatale dell'Istituto di Psicologia e di Gastone Canziani. Psicologia e psicanalisi, del resto, erano ancora elemento di novità e di rottura nella cultura umanistica italiana, dominata dal crocianesimo che le considerava pseudoscienze.
Culturalmente e politicamente Ramses era un concentrato di contraddizioni. Uno dei suoi condiscepoli di Psicologia l'attribuiva a un ingorgo psichico; non ho mai saputo se questo “ingorgo” rientrasse nel linguaggio tecnico della disciplina o fosse una metafora prodotta dal nostro collega. Si definiva “cattolico”, ma “del dissenso”; diceva di essere “marxista con i non marxisti e non marxista con i marxisti”; era iscritto al “Fronte Nazionale Siciliano”, un gruppo politico che diceva nato da una scissione a sinistra del MIS (il Movimento per l'Indipendenza della Sicilia di Finocchiaro Aprile che nel dopoguerra aveva avuto un gran seguito). Di questo gruppo “separatista di sinistra” lui dichiarava di essere la sinistra estrema, classista e autogestionaria.
Una volta, alla fine di una assemblea, ci si divertiva a scrivere slogan sul lavagnone. Corradino Mineo recuperò una frase dall'addio a Lugano di Gori “La pace tra gli oppressi la guerra agli oppressori”; Ramses, vincendo per una volta la timidezza, scrisse molto grande “la Sicilia sarà il nostro Vietnam”.

Nessun commento:

statistiche