Dalla recensione di Gualberto Alvino alla Storia linguistica dell’Italia disunita di Pietro Trifone su "Le Reti di Dedalus", rivista on line del Sindacato Nazionale Scrittori, riprendo l’informativa sul capitolo dedicato a Dante. Mi pare che la caratterizzazione del nostro maggiore poeta sia apprezzabile e condivisibile. (S.L.L.)
Un intero capitolo è dedicato alla faziosità attribuita a Dante, il cui capolavoro ha fornito agli italiani «uno straordinario archetipo letterario e supremi modelli concettuali e retorici di discorso aggressivo e, talvolta, di tendenziosità polemica»: per l’autore della Commedia, infatti, l’Italia è un bordello, i fiorentini un ingrato popolo maligno, Pisa il vituperio delle genti, Lucca un covo di barattieri, Roma cloaca del sangue e della puzza, i genovesi pieni d’ogni magagna e meritevoli di sterminio. Tuttavia, scrive Trifone, «la categoria interpretativa della faziosità non riesce a spiegare la più profonda matrice dell’atteggiamento dantesco, le cui punte estreme tendono piuttosto a inscriversi entro la diversa categoria – contigua alla precedente, ma di un grado superiore – dell’oltranzismo ideologico e morale. […] Ciò che dice e fa nella Commedia può in certi casi non piacerci o non persuaderci del tutto, ma è comunque l’espressione di una grande anima ormai affrancata dai doppiopesismi della politica militante, e pronta quindi a sostenere le tesi più estreme e sgradevoli, senza curarsi che siano in contrasto con le posizioni e gli interessi di questa o quella parte».
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