Mi è già accaduto di rammentare in questo blog Enrico di Borbone-Navarra, poi Enrico IV di Francia, cui è attribuito il motto “Parigi val bene una Messa”, che avrebbe accompagnato la sua conversione dal calvinismo al cattolicesimo, autore dell'Editto di Nantes. Ho riportato, tempo fa, una maliziosa storiella di Tallemant des Reaux sulla sua fama di grande amatore.
Oggi ho ripreso in mano un prezioso volumetto della collana “Lettere” dell’editrice Rosellina Archinto, una bella selezione delle Lettere d’amore e di guerra del celebre sovrano (Milano, 1987), preceduta da un saggio della curatrice Marina Premoli, intitolato Il re della mobilità, che trae occasione e pretesto dalla connotazione di ondoyant che caratterizza l’immagine storica dell’avventuroso Enrico. Di questo suo “ondeggiare”, reale o presunto, Michelet diede una lettura prepsicanalitica: “Fu allattato da otto nutrici differenti, questa è la prima immagine della sua vita che sarà in seguito attraversata da così tante influenze”.
La Premoli, pur mitigando l’esaltazione del “sovrano della saggia tolleranza” messa in atto da Voltaire nell’Henriade, ha un’evidente e per nulla nascosta simpatia per il personaggio, di cui intravede, pur negli ondeggiamenti della tattica politica, del carattere e perfino dell’umore, una fondamentale coerenza negli obiettivi da raggiungere: “un amore duraturo, la pacificazione del suo popolo, l’eredità del trono…, la tolleranza religiosa”. Non stupisca che la Premoli metta al primo posto un obiettivo privato (l’amore duraturo) sui grandi obiettivi politici, giacché elle vede strettamente connessi i due momenti nell’agire del principe, come è evidente anche dalla originale scelta di lettere (tutte private scritture, anche quando parlano di temi politici) e dal suo titolo. Non so se sia facile procurarsi il volumetto in biblioteca, in libreria o nella rete, ma lo consiglio vivamente, anche perché Enrico è maestro di stile, maneggia cioè una lingua mobilissima e sciolta. Qui riporto un brevissimo assaggio, una lettera alla duchessa di Beaufort, Gabrielle d’Estrées, che fu la più amata tra le amanti, madre di tre figli del re, vicinissima a diventarne la sposa, la cui nudità è immortalata in un celebre anonimo ritratto al fianco della sorella. Enrico aveva annunciato l’imminente matrimonio nel febbraio del 1599, ma la “tenera e paziente” Gabrielle morì nella settimana santa di quell’anno, probabilmente di setticemia. Non mancarono, peraltro, sospetti di avvelenamento. (S.L.L.)
Parigi, Museo del Louvre, Gabrielle d'Estrées (a destra) con la sorella |
A Gabrielle d’Estrées – verso la fine del 1594
Amore mio caro, vi scrivo guardando il vostro ritratto, che adoro unicamente perché è stato fatto per voi, non perché vi assomigli. Posso esserne critico competente, avendovi dipinta in tutta la vostra perfezione nel mio animo, nel cuore, negli occhi.
Henry
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