Nel numero di aprile 2011 di Antimafia 2000 Roberto Scarpinato, magistrato antimafia, ha pubblicato un ampio saggio dal titolo Il nuovo capitalismo mafioso. Ne posto qui un breve stralcio. (S.L.L.)
Ciò che ci illudiamo di combattere fuori di noi, è già dentro di noi, dentro la quotidianità della nostra vita, anche se non ne siamo consapevoli.
Per comprendere questa elementare realtà, basta considerare che la criminalità organizzata fornisce una serie di beni e servizi illegali a consumatori consenzienti.
Quanto ai beni, fornisce stupefacenti, esseri umani da destinare alla prostituzione, allo schiavismo e allo sfruttamento lavorativo, armi, materiale pedo-pornografico. Nel campo dei servizi fornisce capitali da investire, smaltimento di rifiuti tossici con modalità illegali e dannose per l’ambiente, fatturazioni false per evadere le tasse, facilitazioni, mediante l’uso della violenza o della corruzione, per ottenere licenze e concessioni da parte delle pubbliche autorità.
Quelli indicati sono soltanto alcuni esempi tra i tanti settori dell’amplissimo mercato illegale mondiale. La domanda di beni e servizi offerti dalle mafie ha assunto dimensioni macroeconomiche, non più governabili solo con gli strumenti del diritto penale, a seguito della globalizzazione dell’economia mondiale che ha ampliato a dismisura la quantità dei consumatori finali e dei beni offerti.
A proposito delle relazioni strutturali esistenti tra dinamiche del mercato globale e crescita della criminalità transazionale, mi limiterò a due soli esempi che riguardano il mercato delle droghe e quello della prostituzione.
Alla fine degli anni Ottanta il mercato mondiale della cocaina, era limitato solo ai paesi occidentali ed era già saturo, tanto che i prezzi dello stupefacente si erano ridotti per divenire accessibili anche a nuovi consumatori delle fasce meno abbienti della popolazione. La situazione è completamente mutata, quando a seguito della globalizzazione, si sono aperti immensi mercati di nuovi potenziali consumatori. La nascita di una nuova borghesia abbiente di circa 250 milioni di persone in Cina che aspira a modelli di vita consumistica di tipo occidentale, la progressiva crescita del reddito medio delle popolazioni dell’Est europeo e dei paesi emergenti, hanno posto le basi per la crescita di un nuovo mercato globale di consumatori di stupefacenti, che viene stimato nella misura del 15% della popolazione mondiale nell’arco del prossimo ventennio.
Gli introiti derivanti dal nuovo mercato mondiale della droga subirebbero un salto di scala tale da consegnare alle organizzazioni criminali transnazionali una quota di ricchezza, e quindi di potere globale, superiore a quella degli stati e delle più grandi multinazionali. La successiva trasformazione in termini politici di tale potere economico comporterebbe la costruzione di una nuova gerarchia di fatto tra i poteri del mondo. Per questo motivo, alcuni prevedono che la politica di liberalizzazione delle droghe costituirà prima o poi uno sbocco inevitabile imposto dalla sproporzione delle forze in campo.
Un secondo esempio riguarda il mercato della prostituzione.
Sino alla fine gli anni Ottanta, l’offerta di donne da destinare alla prostituzione era limitata ai mercati interni nazionali ed attingeva alle risorse locali, sicché tale settore non era gestito dalla criminalità organizzata, ma prevalentemente da criminali individuali o da modeste organizzazioni, che operavano in piccole porzioni di territorio.
Negli anni Novanta, l’improvvisa immissione nel mercato illegale della prostituzione di centinaia di migliaia di donne provenienti dalla Russia e dall’Europa dell’Est ridotte in misera dall’improvviso crollo dell’impero sovietico che in passato aveva garantito un’occupazione femminile pari all’80%, nonché di donne provenienti dai paesi africani, ha determinato una rivoluzione di tale segmento del mercato, al quale ha corrisposto un radicale mutamento degli attori criminali e del ciclo produttivo illegale.
All’impennata dell’offerta ha corrisposto una crescita sempre più imponente della domanda dei paesi occidentali, persino di paesi come Israele, nei quali prima l’offerta di prostitute era molto contingentata, potendo attingere solo alle risorse locali.
La necessità di gestire il traffico su scala industriale coinvolgendo vari paesi – quelli di reclutamento delle donne, quelli di transito e quelli di destinazione finale – ha determinato una divisione internazionale del lavoro criminale tra le mafie di vari paesi che corrisponde alle diverse fasi del processo produttivo di accrescimento di valore.
Così le organizzazioni mafiose russe, bulgare, rumene si dedicano al reclutamento delle donne nei paesi di origine. La criminalità dell’area balcanica si è specializzata nel transito e nel trasporto nei vari paesi occidentali. Nei paesi come l’Italia dove esistono mafie locali che controllano il territorio, si raggiungono accordi economici e di scambio tra mafie straniere e mafie locali. La ‘ndrangheta calabrese si è specializzata nell’offrire alle mafie straniere un servizio consistente nel riciclaggio dei proventi del mercato della prostituzione mediante una trattenuta concordata del denaro riciclato.
A seguito di questa straordinaria ristrutturazione del mercato della prostituzione, la criminalità comune che prima gestiva la prostituzione in sede locale con metodi artigianali è stata spodestata dalle potenti mafie internazionali ed asservita come manodopera criminale. Questo fenomeno è interessante perché dimostra come anche il mercato illegale sia dominato dalla stessa dura selezione darwiniana che caratterizza oggi la competizione nel mercato legale.
Nessun commento:
Posta un commento