Parole! Menzogne siete, ombre vuote
che girano attorno alla vita!
Dovrei effondere in voi, morte, deboli,
gli spiriti che mi pervadono?
Ma gli invidiosi dèi della terra avevano
fin nel profondo scrutato l’ardore dell’uomo:
il misero deve congiungere al suono
l’ardente vampa del petto.
Ché se audace e fremente emersa fosse
nel dolce splendore dell’anima,
ardita i vostri mondi avrebbe avvolto,
voi dal vostro trono avrebbe scalzato,
la danza dello zefiro avrebbe superato
e al di là di voi un mondo sarebbe germogliato.
Postilla
Quest’alato, idealistico sonetto sulla parola che assassina il sentimento fu scritto probabilmente tra il novembre e dicembre 1836 da Karl Marx, allora studente diciottenne, e fa parte di un quaderno dal titolo Il libro dei canti dedicato alla amata. La traduzione qui utilizzata, di Anna Maria Borsano Fiumi, è ripresa da Marx-Engels, Romanzi e poesie, Erre Emme, Roma, 1971.
Nessun commento:
Posta un commento