4.10.16

Cronache giubilari. Assisi, la santa alleanza (Salvatore Lo Leggio)

Quando, nel dicembre 2000, terminò l'Anno Santo per dare luogo a un anno profano, non pochi commentarono “era ora!”: l'ininterrotta serie di raduni, beatificazioni, esternazioni del papa polacco, aveva stancato. Ho il sospetto che quest'Anno Santo straordinario che il papa argentino ha dedicato alla misericordia sia venuto a noia persino a lui, e prima del suo esaurimento. La previsione che intorno al Giubileo si mobilitassero diocesi, parrocchie e associazioni e dal basso si costruisse movimento e proselitismo si è rivelata sbagliata. L'apertura di porte sante diocesane, gli eventi giubilari locali per categoria o per paese avrebbero dovuto far crescere attenzione e partecipazione di base; ma non è stato così e persino in Umbria, ove alla guida della diocesi del capoluogo e della Conferenza episcopale c'è un bergogliano di ferro, il cardinale Bassetti, l'Anno Santo è diventato routine, celebrazione rituale riservata ai praticanti più assidui. Mentre scrivo si sta svolgendo a Perugia un “Giubileo dei commercialisti”, organizzato dall'Ordine insieme all'archidiocesi. Si tratta di un incontro col vescovo ausiliare e di una conferenza. Il “corrierino” parla di mobilitazione: credo che esageri.
Neanche le iniziative “centrali” dell'Anno Santo, quelle che coinvolgono direttamente il papa, sembrano andare meglio: più che rafforzare il progetto riformista, pare che l'affossino. L'accelerata canonizzazione in questo settembre di una figura come Teresa di Calcutta, la suora amica dei peggiori reazionari, convinta della “santità della sofferenza”, è segno evidente di “continuismo”. Lo slogan di Bergoglio sembra essere diventato quel “rinnovamento nella continuità” ch'era caro a Togliatti, del tutto inadeguato in un tempo come l'attuale per una istituzione in crisi. Imitare il Wojtyla trionfante sul comunismo che occupava il centro della scena mediatica e si legava a potentati d'ogni tipo mentre Marcinkus si dedicava all'alta finanza e rimpinzava i dignitari e, nello stesso tempo, pretendere una chiesa sobria per rappresentare i poveri è illusione senza fondamento. La stessa oratoria del papa argentino, che aveva colpito per lo shock tra la monotonia del dire e la forza del detto, oggi non sorprende più nessuno: le immagini forti come “guerra a pezzi”, “cimitero Mediterraneo” appaiono aria fritta, il papa, in realtà, galleggia.
Uno degli eventi più esplicitamente wojtiliani previsti dall'Anno Santo è stato il remake, a trent'anni di distanza, della preghiera che il polacco recitò in Assisi per la pace, in contemporanea con rappresentanti delle tante religioni del mondo. Si inventò una formula, “spirito di Assisi”, quello che da allora pretende di far aleggiare nel mondo la Comunità di Sant'Egidio, una fratellanza laica di “cattolici perbene” fondata – tra gli altri – dall'ex ministro Andrea Riccardi con il prelato Vincenzo Paglia come assistente spirituale. Dal 1987 quelli di Sant'Egidio – che praticano una sorta di diplomazia parallela e complementare a quella vaticana - organizzano ogni anno in una città diversa un convegno interreligioso per la pace, pieno di preti d'ogni confessione, politici, studiosi, nel quale si dialoga e si mandano appelli. Nel frattempo le guerre nel mondo continuano, semmai si moltiplicano ed intensificano e i mercanti d'armi fanno ottimi affari. E anche il dialogo tra religioni procede tra difficoltà.
Ad Assisi in ogni caso tra il 18 e il 20 settembre si sono svolti – collegati tra loro – due eventi affidati all'organizzazione della Diocesi, delle Famiglie francescane, di Sant'Egidio: due giorni di convegno sul tema Sete di pace e un giorno dedicato alla visita del papa Francesco, alla preghiera interconfessionale, alla consegna a un gruppo di ministri e ambasciatori di vari paesi di un appello firmato da uomini di religione. Per tre giorni una città clericalizzata: come se non bastassero i tanti frati e suore abitualmente residenti, s'è affollata di preti preti d'ogni tipo.
Sull'organizzazione non son mancate le lamentele. Come spesso accade in queste circostanze, permessi e accessi negati a chi ne avrebbe i titoli e – nello stesso tempo – falle nella cosiddetta sicurezza. Sullo sfondo la sostanziale emarginazione di realtà religiose importanti come la Pro Civitate Christiana o la Comunità di Bose e una piccola guerra tra gli organizzatori. Abbiamo sentito il fotografo semiufficiale dei frati lamentarsi dello strapotere di Sant'Egidio: “Domani, per fortuna, comandiamo noi”. Forse, all'indomani, c'è stata una più equa divisione delle postazioni fotografico, ma, sul piano mediatico, il predominio di Sant'Egidio non è stato scalfito.
Nel giorno d'apertura, domenica 18, “L'Avvenire”, organo dei vescovi italiani, titolava in prima pagina Un altro mondo, pubblicando sul tema due editoriali: uno con la firma del Patriarca ortodosso di Costantinopoli, Bartolomeo, detto “Papa nero” per il colore dei paramenti, l'altro di Andrea Riccardi, fondatore di Sant'Egidio. All'interno c'è un'intervista con il sindaco di Assisi, Stefania Proietti, che proclama: “La nostra città vuole essere ancora alleata del Papa”. Proietti ha di recente confermato una vecchia delibera contro la richiesta di elemosine nelle vicinanze delle chiese, forse perché preferisce gli Ordini francescani, mendicanti, ai mendicanti disordinati; in ogni caso è donna di chiesa e c'è chi già la chiama “Santa”, mentre altri la sospettano nostalgica dello Stato pontificio. Nella tre giorni deve essersi trovata bene, visto che funzionava il SPQR nella interpretazione del Belli: Solo preti qui regneno; solo preti, o similpreti come quelli di Sant'Egidio.
Su gli altri quotidiani e nel tv trovano posto, oltre a Riccardi, altri esponenti della Comunità, Marco Impagliazzo, Augusto D'Angelo e altri. Mi dicono che è una sorta di pressing mediatico per non so quale riconoscimento papale. È freddino solo il Tg1, forse c'è dietro una guerra tra preti.
Il programma del triduo è stato denso. Domenica 18 pomeriggio assemblea al Lyrik degli Angeli alla presenza di Mattarella. Tra gli interventi la presidente Marini che rivendica la “francescanità” dell'Umbria, il presidente della Repubblica Centroafricana, il patriarca Bartolomeo e Zygmunt Bauman, il sociologo della “società liquida” che sembra dar credito alle professioni papali di ecologismo solidale contenute nella enciclica Laudato si' Dice: “Se si vuole la pace bisogna ridurre le disuguaglianze”.
Lunedì è giorno di tavole rotonde. Religiosi ed esperti in varie location ragionano di casa comune, d'Aleppo, dei migranti eccetera. È anche il giorno dell'Arcivescovo di Costantinopoli, Bartolomeo, di cui si celebrano i 25 anni dall'insediamento. Nella mattinata il patriarca, nella cattedrale di Perugia, ha partecipato a una preghiera con il cardinale Bassetti e i vescovi dell'Umbria e trovato il modo per ricordare nel suo perfetto italiano che a Perugia si conserva l'anello della Madonna, la “madre intemerata” che nella gerarchia celeste assai superiore ai Serafini e ai Cherubini. Un amico cattolico con cui scambio il rituale segno di pace mi fa notare i sette candelabri dell'arredo: “Prima erano solo sei, ma ora la nostra città è sede cardinalizia”. Alle 11 Bartolomeo è alla stranieri, per una laurea honoris causa
Nel pomeriggio la sua figura è al centro del panel con la collocazione più prestigiosa, la Sala Papale del Sacro Convento, presieduto dall'Arcivescovo di Cantebury, con la partecipazione del cardinale Kasper, di Riccardi, del viceministro Giro, di un tal Rosen, rabbino emerito d'Irlanda. Sulla soglia si pavoneggia Paglia, il gerarca ciociaro, compiaciuto dei pupilli di Sant'Egidio: elegantissimo guarda dall'alto in basso Piemontese, suo successore nella diocesi di Terni. 
Durante la tavola rotonda tutti a tessere l'elogio del gran pope di Costantinopoli, ecumenico ed ecologista. La grande festa per Bartolomeo serve però a mascherare un fallimento. Ad Assisi erano presenti 500 leader religiosi a pregare, ma le figure di primo piano erano poche e defilatissimi erano musulmani e protestanti. Il Dalai Lama che nel 1986 era stato tra i protagonisti non è stato invitato, come egli stesso spiega in una intervista al “Messaggero”: “Sarei venuto volentieri”. Il Vaticano sta trattando con la Cina: lo spirito di Assisi con il Dalai Lama non funziona.
Arriva infine il giorno del Papa. Ha mandato messaggi da Roma: tuonava contro i “preti alla moda”, diceva che viene in Assisi solo per pregare. Scende dall'elicottero a mezzogiorno agli Angeli, va a pranzo al Sacro Convento, con rappresentanti religiosi e profughi di guerra. Nel pomeriggio, dopo la preghiera (ciascuna religione a modo suo e in un luogo diverso), è il momento dei discorsi: il vescovo Sorrentino, il Custode del Sacro Convento, il patriarca Bartolomeo, Riccardi che esalta lo “spirito di Assisi”. Il papa sembra infastidito, come lo era prima, quando Impagliazzo cercava di guidarlo nel breve tragitto da compiere a piedi. Quanto a lui non dice niente di nuovo: ripete che chi usa la religione per giustificare guerra e terrorismo lo fa a sproposito. Non sembra affatto entusiasta della cerimonia. A noi è sembrata deludente e inconcludente, come tutto l'Anno giubilare.

"micropolis", 27 settembre 2016


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