8.10.16

Ray Bradbury da Cronache marziane a Fahreneit 451. La salvezza viene dal libro (Nando Vitale)

Ray Bradbury
Ray Bradbury, nato in un piccolo centro agricolo dell'Illinois nel 1920, sulla spinta della grande depressione degli anni Trenta, si trasferisce in California con la famiglia, dove la percezione di una realtà così diversa da quella di provenienza gli fornisce probabilmente lo spunto narrativo per le sue Cronache marziane, in cui l'esplorazione, lo scontro tra diverse civiltà, l'assimilazione e infine la conquista di un nuovo mondo, diventano la metafora della storia e dell'identità americana.
Nei vari capitoli che compongono l'opera egli esplora, proiettandole in una dimensione fantascientifica, le diverse fasi della vicenda americana, sullo sfondo di un paesaggio non troppo distante visivamente dalle grandi pianure e dai deserti degli Stati Uniti. Da segnalare le pagine in cui si descrivono le migrazioni degli afro-americani degli Stati del Sud verso Marte, alla ricerca di una liberazione a lungo sognata e finalmente realizzata, lasciando lo sfruttamento e il razzismo al vecchio mondo.
In generale la possibilità di riscrivere, attraverso la science fiction, la storia americana consente a Bradbury quei margini di critica sociale, a tratti anche radicale, che non sarebbe stata consentita ad altri narratori. In un periodo storico, parliamo degli anni Cinquanta del secolo scorso, in cui gli Stati Uniti, usciti vittoriosi dalla seconda guerra mondiale, si ergevano a leader del pianeta Terra e in particolare di quella parte del pianeta che si autodefiniva orgogliosamente «Mondo libero».
La libertà ovviamente non era garantita a tutti e ovunque, Bradbury lo lascia intendere ma non osa immaginare un'utopia egualitaria. Allude piuttosto ad un mondo agrario, inteso come nostalgia di una dimensione comunitaria dispersa dal progresso tecnologico e dall'ideologia individualista. Nonostante Bradbury si sia dedicato anche ad altri generi letterari, la sua fama in Italia resta legata essenzialmente alle sue due maggiori opere di fantascienza. Con Fahrenheit 451, opera immersa ancora più a fondo nelle contraddizioni della civiltà di massa, la fama dello scrittore raggiunge il massimo livello.
In questo romanzo viene evocato un futuro prossimo dove i libri sono proibiti e la lettura interdetta, con un apposito corpo di vigili del fuoco che opera in maniera spietata affinché questa proibizione venga osservata da tutti i cittadini. L'unico strumento di comunicazione ammesso e incoraggiato è la televisione, riecheggiando in qualche modo il famoso romanzo 1984 di Orwell, pubblicato alcuni anni prima. Bradbury tuttavia non si limita ad una critica dell'eccessiva diffusione dei media elettronici a danno delle forme di cultura tradizionali, ma costruisce una sorta di «ideologia salvifica» intorno al libro che viene eletto a strumento di resistenza e di conservazione di un mondo che va scomparendo. Nella sua visione appare netto il contrasto tra la grettezza della società dei consumi che andava edificandosi e la scomparsa della tradizione custodita dalla letteratura. Da questo punto di vista è possibile accostare - seppure con molte riserve - Ray Bradbury a quel filone di fantascienza sociologica degli anni Cinquanta, i cui nomi più rilevanti furono Frederick Pohl e Robert Sheckley, senza osare alcun accostamento a Philip K. Dick.
Notevole è inoltre l'influenza che ebbe Bradbury sull'industria culturale, dal cinema che con Francois Truffaut traspose Fahrenheit 451, alla TV debitrice di molti episodi della serie Ai confini con la realtà, al fumetto che traspose in immagini disegnate le Cronache marziane e molti altri racconti.
L'opera di Bradbury lascia dunque emergere un sentimento di nostalgia per l'America rurale della sua infanzia, una diffidenza verso tutto ciò che appariva come segno della modernità e del cambiamento, il terrore della guerra atomica che permane costantemente sullo sfondo dei suoi testi migliori. Ma non per questo è un autore che va sottovalutato. Anche se con un eccesso timore, ha mostrato con acume i rischi di uno sviluppo irrazionale e senza limiti, la perdita di valori fondamentali quali la solidarietà e la dimensione comunitaria. La sua opera ha lasciato tracce ancora evidenti nell'immaginario contemporaneo. Non ha saputo sognare l'utopia ed è da questo sogno mancato che forse occorre ripartire per rileggere con gli occhi del presente le sue Cronache marziane.


“il manifesto”, 7 giugno 2012

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