Fine agosto 1939. Gli
appassionati di cinema sono a Venezia per la Mostra. Si premia,
com'era previsto, un brutto film tedesco e nelle sale di proiezione
si distribuiscono dei giovanotti incaricati di attenuare gli applausi
al francese Derrière la façade con Jules Berry. Alla mostra
è presente Goebbels, e intanto Ciano e Ribbentrop s'incontrano a
Berlino e "per misura precauzionale" vengono richiamate le
classi del 1909 e 1910. Finché il 22 agosto, sulla più elegante
spiaggia d'Italia arriva la notizia della firma del patto di non
aggressione fra Russia e Germania. È la sera che a Venezia si
presenta Le jour se lève con Jean Gabin, che in Italia è
Alba tragica, e i giornali del giorno dopo sembrano in lutto,
tanto sono neri e vistosi i titoli a base di armi, atmosfera
arroventata, abisso, tragico nodo. "L'ora è grave" dicono.
"Ore di angoscia a Londra", "Atmosfera d'orgasmo a
Varsavia", "Pronti gli eserciti alle frontiere". A un
pranzo in casa Volpi, la sera del 25 si parla soltanto di guerra. Le
donne più ingioiellate si chiedono quando scoppierà, "come se
avessero chiesto l'ora di partenza del motoscafo", dirà poi uno
degli invitati.
A Venezia dunque gli
applausi di cinema e di mondanità. Invece quanti amano la musica in
questo stesso periodo si trovano all'estero. I melomani fascisti sono
a Salisburgo dove il governo tedesco ha promosso il festival
ufficiale, epurato dagli ebrei e dagli indesiderabili. Gli
antifascisti invece sono a Lucerna, dove, arrivato dall'America,
Arturo Toscanini dirige al Kunsthaus. (Era stato lui, nel 37, a
creare il festival di Lucerna, in opposizione a Salisburgo nazista).
A Lucerna il programma è eccezionale; direttori Toscanini e Bruno
Walter, solisti di piano Wladimir Horowitz e Miecio Horzowsky,
solista di violino Bronislaw Huberman, primo violino Adolfo Bush. Con
mia sorella Luisa vado anch'io a Lucerna nella seconda quindicina
d'agosto: abbiamo il permesso di assistere alla prova della Settima
di Beethoven, ed è qui che Toscanini canta l'inizio
dell'"Allegretto" (quel tempo di danza che è una specie di
marcia funebre) per far sentire agli orchestrali come lo vuole lui, e
nell'ombra della platea, a sentire quella voce ancora giovane e
ardente, tutti gli spettatori si commuovono perché si rendono conto
che è un addio. Sedute accanto a Luisa Rainer ("La buona
terra", occhi splendenti, frangetta nera), sentiamo anche il II
Concerto di Brahms, diretto dal maestro, suonato divinamente dal
genero Horowitz.
È il 29 agosto 1939, tre
giorni prima dell'invasione della Polonia. Presenti sulle ginocchia
delle governanti inglesi (che stanno per lasciare l'Italia anche
loro) le nipotine di Toscanini in velluto blu e collettino di pizzo,
Emanuela, figlia di Wally e Sonia figlia di Horowitz e Wanda
Toscanini. Anche alla fine del concerto la commozione è profonda.
Piangono i fedeli amici milanesi che sono riusciti a salutare questi
grandi prima che si chiudano le frontiere; accanto a Stephan Zweig
piangono, sotto le antiche violette del suo cappello, la figlia
adottiva di Wagner, Daniela Tode e la bravissima germanista e
traduttrice Lavinia Mazzucchetti. Si nasconde il viso tra le mani
Renato Levi, quell'uomo garbato e coltissimo di musica che vendeva
dischi ai milanesi in via Verdi e che morirà cinque anni dopo in un
campo di sterminio tedesco. Piangono gli italiani e gli svizzeri che
sono arrivati a Lucerna dopo aver attraversato l'Austria, e a cui gli
amici ebrei di Vienna non ancora emigrati hanno appena consegnato i
loro orologi d'oro. È commosso fino alle lacrime anche il pianista
polacco Miecio Horzowsky, che, quasi per convincersene, va ripetendo
a tutti: "La guerra ci sarà, ma saremo noi a vincerla!".
Toscanini e Horowitz
avranno il permesso di passare per la Francia per imbarcarsi a
Bordeaux, e i milanesi tornano a casa il 30 agosto col primo treno
oscurato, dopo aver visto agitarsi dei soldati svizzeri
(mobilitazione delle truppe di frontiera). E sui giornali di Milano
che già si esprimono in linguaggio di guerra, all' indomani essi
leggeranno anche una nota sui concerti di Lucerna. "Basta coi
divi!" scrive un noto critico musicale. "Per non smentirsi,
Toscanini ha voluto dirigere ancora una volta vestito da rabbino"
(allusione alla sua giacca di alpagas senza colletto che indossa alle
prove); e poi, per tranquillizzare gli amanti della musica sinfonica
e del melodramma: "Finalmente quest'anno alla Scala brilleranno
i cerulei occhi del direttore maestro Trentinaglia". (Quando
cadrà Cracovia, verrà ordinato alla radio italiana di non
trasmettere più musiche di Chopin, e quando in Varsavia distrutta
entrano le truppe naziste, l'accademico Giulio Bertoni propone la
parola "overtura" al posto del francese "ouverture").
Fino a questa domenica 17
novembre ' 85, Horowitz non ha mai suonato a Milano, ma ho il ricordo
struggente di quando, morta tragicamente sua figlia a Ginevra, e
impossibilitato a lasciare l'America, egli mandò come estremo
ricordo-omaggio a Sonia un nastro con la "Traumerei" di
Schumann, e al momento della sepoltura a Milano, venne fatta
ascoltare questa straordinaria incisione, uno dei pezzi delle Scene
infantili più adatti a ricordare i sogni e le speranze di quell'
età gioiosa.
“la Repubblica”,17
novembre 1985
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