Quando è nata “La
Settimana Enigmistica”, Alan Turing, tra i padri dell’informatica
e primo studioso dell’intelligenza artificiale, aveva vent’anni e
già era a Cambridge a studiare meccanica quantistica, logica e
teoria della probabilità attrezzando la sua mente colorata per
quello che sarebbe stato il suo lavoro di crittografo. Sempre nel
1932 [...] nasceva anche la prima idea embrionale di «crypto logical
bombe», meglio nota come Bomba, la macchina usata dal
controspionaggio prima inglese e poi polacco per decifrare i messaggi
segreti dei tedeschi durante la seconda Guerra mondiale:
l’antagonista di Enigma, insomma, la macchina dei bad guys, di
tecnologia tedesca. L
L’autore era Arthurs
Scherbius di Francoforte, e lontana ascendenza italica; l’ingegnere
tedesco pare infatti aver preso ispirazione dai dischi cifranti
polialfabetici di Leon Battista Alberti, gli stessi a cui pensò il
Presidente Usa e autore della Dichiarazione di Indipendenza americana
Jefferson quando ideò il suo Cilindro, metodo di cifratura
meccanico.
Turing girava in pigiama
per il College, come Mark Zuckerberg ciabattava per Harvard (anche
se, al contrario del nerd americano, Turing era anche un atleta di
successo), andava male a scuola, come si è soliti raccontare anche
di Einstein (la cui Teoria della Relatività venne riassunta in un
saggio da un Turing quindicenne a beneficio della propria madre);
purtroppo non è leggenda la persecuzione omofoba ai danni del
matematico ateo, la cui storia ebbe un epilogo assai più doloroso di
quello toccato ad altri illustri, prima di lui: se Wilde finì due
anni in carcere a Turing, reo confesso di omosessualità, venne
inflitta la castrazione chimica, con effetti devastanti su fisico e
psiche.
La morte fu da romanzo
gotico, per ingestione di mela avvelenata (con cianuro di potassio),
e dichiarata dagli inquirenti suicidio; di contro la madre, Ethel
Sara Turing, destinataria oltre che di trattati scientifici giovanili
anche di molta corrispondenza del figlio, sostenne sempre la versione
di una morte accidentale durante un esperimento di preparazione di
sali di potassio destinati alla doratura di un cucchiaino.
Rimane la perplessità
anche sui reali motivi del terribile accanimento per l’omosessualità
(in fondo non così sempre mal tollerata nel contesto storico e
sociale in cui Turing viveva e operava) oltre che sulla scomparsa del
matematico; aleggia inevitabile odore di mistero, insieme a quello di
mandorle amare, nel
laboratorio di Turing e nelle vicende umane e professionali, ridotte
a silenzio e ombra, dei crittoanalisti e crittoanaliste, moltissime
erano le donne, al servizio del Governo inglese (che li assoldava
sottoponendogli, come test, i cruciverba del “Dayly Telegraph”)
riuniti dal 1939 a Bletchley Park, residenza a nord-ovest di Londra,
dal nome(owiamente) in codice di Stazione x, dove oggi sono esposti
esemplari delle macchine Enigma, Bomba e Colossus, oltre ad una
mostra permanente di attrezzature cinematografiche d’epoca.
Bletchery Park ospita anche un minuscolo cinema anni 40 (il nome?
Enigma. Elementary my dear Watson), dove sono ancora proiettate
pellicole d’epoca (nel book shop, coerentemente, si vendono foulard
con segni cifrati in luogo del monogramma da stilista e mug che
svelano messaggi nascosti a contatto con l’acqua bollente).
Ce ne è abbastanza per
saghe di spy-storye film,e infatti molto si è prodotto attorno alla
figura di Alan Turing (opere teatrali, sceneggiature, romanzi, saggi)
ufficialmente riabilitata tre anni fa da Gordon Brown e incorniciata
in un francobollo in un questo 2012 dei cento anni dalla nascita.
Tutto molto lontano eppure imparentato alla crittografia domestica
che “La Settimana Enigmistica” offre a condizioni popolari da
ottant’anni, in un albero genealogico che affonda le radici in
Erodoto e Plutarco, interessa i geroglifici egiziani, conosce un
rigoglioso Rinascimento con Giovan Battista Della Porta e Leonardo,
invade la letteratura di Doyle, Poe e Veme.
Il più recente saggio
tematico sulle scritture segrete è quello di Caterina Marrone,
studiosa del testo letterario e figurativo e docente di Filosofia del
Linguaggio, con I segni dell'inganno - semiotica della crittografia
edito da Stampa Alternativa - Graffiti, vincitore dell’ultimo
premio Castigliocello per la comunicazione. Vi si legge, tra le molte
cose, una riflessione di particolare interesse, a partire da
un'analisi compiuta da Wittgenstein, sul «leggere» e su come la
scrittura in codice possa essere classificata proprio come uno degli
innumerevoli modi di usare la lettura e di giocare con essa. I
messaggi cifrati che allignano impudenti dentro i testi scompigliati
nelle sequenze grafemiche del piano espressivo, spesso con esiti di
sorprendente bellezza iconografica (un anno fa la mostra Ah, che
rebus, curata da Antonella Sbrilli e Ada De Pirro, ha portato a Roma
meravigliose opere d'arte enigmatica ancora apprezzabili nel catalogo
di Mazzotta) sottostanno a regole e caratteri tipologici di alcune
casistiche che si mostrano, scompaiono e magari ricompaiono altrove
«come fenomeni carsici». Compito di Sherlock Holmes, Alfred Dupin,
Alan Turing e del lettore della Settimana Enigmistica è di leggere
tra i sorrisi da cruciverba evocati anche da De Andrè (parlando del
naufragio della London Valor) e derivare, leggere e svelare. Leggere
e amare (da intendersi anche come: leggère-come piume e amare-come
il cianuro), come da imperativo del plurisignificante titolo di una
raccolta di racconti della pubblicitaria e creativa Annamaria Testa,
professionista delle parole, che fa dell'equivoco tra infiniti e
aggettivi la chiave della curiosa storia di una suicida per
avvelenamento da gas solutrice di cruciverba.
“alias il manifesto”,
21 gennaio 2012
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