Woody Guthrie |
Nelle note di
accompagnamento al quarto volume della celebre Anthology Of
American Folk Music, ideata da Harry Smith, prodotta
dall'etichetta Folkways e suddivisa in «ballads» (ballate),
«songs» (canzoni) e «social music» (cioè musica di
intrattenimento collettivo), il grande chitarrista e compositore John
Fahey scrive: «Il presente volume è per lo più una collezione di
‘canzoni'. Le canzoni sono più personali ed emotive, e
rappresentano il nuovo spirito di individualismo della gente, poiché
sempre più persone si ritrovarono fuori dalle piantagioni, dalle
fabbriche o dalle piccole corporazioni. E la famiglia popolare, con
il suo tradizionale sistema di sostegno cominciò a disintegrarsi. E
la comunità venne distrutta. (...) All'improvviso milioni di persone
si ritrovarono a essere colpite dalla povertà e a vagare per il
paese sui vagoni merci dei treni. Alienazione. Questo è ciò di cui
tratta il volume 4 dell'Antologia di Harry Smith».
Nonostante l'eccessiva
semplificazione, queste parole hanno una loro efficacia: il quarto
volume, infatti, uscito postumo nel 2000, quarantadue anni dopo gli
altri tre album, contiene materiale che emerge «dal cuore della
Grande Depressione», come avverte il giornalista Greil Marcus nello
stesso libretto. La grande antologia di Smith è un lavoro
fondamentale: essa non contiene registrazioni sul campo, come ci si
sarebbe potuti aspettare, ma vecchie canzoni originariamente apparse
su obsoleti dischi a 78 giri che appartenevano alla sterminata
collezione del curatore e che furono «passati» nel formato a 33
giri.
La categoria «folk» fu
dunque probabilmente usata da Smith in modo provocatorio ma
l'Anthology, con un gruppo come la Carter Family che primeggia per
numero di esecuzioni, è uno straordinario spaccato della musica Usa
degli anni compresi tra il 1927 e il 1932 (anni nei quali furono
venduti, rispettivamente, 104 e 6 milioni di dischi). Con il
«prolungamento» del quarto volume, che arriva fino al 1938,
quest'opera, deliberatamente estranea a ogni impostazione politica o
ideologica, conserva dunque la più preziosa raccolta di incisioni di
brani popolari che fu possibile effettuare negli Stati uniti quando
la tecnologia permise una capacità di riproduzione tale da creare un
autentico mercato di massa, un mercato che si espanse prima della
depressione e si contrasse con essa: canzoni sentimentali, musica
eseguita alle corse dei cavalli, danze per le feste familiari,
«murder ballads» (cioè «canzoni di cronaca nera»), canti
pentecostali e blues. Ma in quell'America
esisteva anche una
canzone esplicitamente politica e, soprattutto, una canzone
proletaria che proveniva direttamente dal conflitto sociale. Oggi, la
canzone politica americana è associata prevalentemente ai nomi di
Woody Guthrie e di Pete Seeger, per l'influenza diretta che questi
due grandi nomi hanno avuto su star del rock come Dylan e
Springsteen, ma molta della canzone di protesta negli Stati Uniti
appartiene soprattutto ai decenni precedenti al New Deal, e in quelle
canzoni è possibile ritrovare un linguaggio che esprime pienamente
la virulenta lotta di classe di inizio secolo che lo stesso New Deal
provvide in gran parte a smussare e a controllare.
«Senza il nostro
cervello e i nostri muscoli non una sola ruota potrebbe girare»,
scriveva Ralph Chaplin in Solidarity forever, una delle
canzoni degli Industrial workers ofthe world (Iww, detti anche
Wobblies), il sindacato che cercava di organizzare la nuova figura
sociale dell'operaio-massa, il lavoratore dequalificato che in Italia
avremmo conosciuto solo cinquantanni dopo.
I Wobblies davano molta
importanza alla canzone come arma di lotta e come veicolo di
coscienza sociale e Chaplin fu uno degli autori del Little Red
SongBook, la cui prima edizione risale, pare, al 1908. L'autore
più noto del periodo d'oro della stagione dei Wobblies fu senz'altro
Joe Hill che scrisse la celebre The Preacherand the Slave,
rovesciamento parodico di un inno religioso, con il celebre verso
«you'll get pie in the sky when you die» («avrete la torta
in cielo, quando morirete»), diventata poi frase idiomatica nella
lingua inglese per indicare una speranza illusoria. Hill scrisse
anche The Rebel Girl, una canzone sul ruolo della donna
impegnata nella militanza politica, un tema poi ripreso molti anni
dopo anche da Woody Guthrie e dagli Almanac Singers in Union Maid
(«non mi fate paura, sto col sindacato fino al giorno in cui
morirò»). Canzoni come queste mostrano quanto il ruolo dei legami
di solidarietà interni alla «working class» fosse centrale
nell'ideologia della canzone più politicizzata e in essa, infatti,
uno dei protagonisti in negativo è il «crumiro» (scab),
visto come colui che non ha giustificazioni per la sua azione perché
tradisce, con il suo individualismo, la solidarietà che sta a
fondamento della comunità operaia.
Dopo il declino degli
Industrial workers of the world, e dopo la breve euforica
stagione degli anni ruggenti, la canzone politica trova il suo grande
rappresentante in Woody Guthrie, il cantore degli anni della
Depressione, delle tempeste di polvere, dei precari, dei lavoratori a
giornata e degli operai sempre in movimento da essa generati. Egli
rappresenta anche un vero e proprio mito fondante della canzone
popolare americana: con lui la canzone acquista un linguaggio più
maturo e poetico («arriviamo con la polvere, ce ne andiamo con il
vento»), propriamente d'autore, una maggiore ampiezza di riferimenti
culturali e una completa consapevolezza del proprio possibile ruolo.
Nel periodo della Grande
Depressione e della lunga presidenza Roosevelt, Guthrie compone le
«Dust Bowl Ballads», che raccontano la Grande Depressione e
le «Bonneville Songs», che appoggiano i grandi lavori
pubblici di contenimento del fiume Columbia, in Oregon, e di
elettrificazione della regione (è di questo periodo This Land Is
Your Land, la sua canzone più famosa). Sono quelli anni di
grande fermento per la musica tradizionale e la canzone politica,
perché nel New Deal, insieme alle riforme economiche avviate per
risollevare gli Stati Uniti dalla crisi, era stata promossa anche
un'intensa attività di documentazione dello stato del paese,
comprese le ricerche sulla musica popolare: in questo contesto,
infatti, avevano preso il via le spedizioni di John e Alan Lomax, che
avevano riportato alla luce un immenso patrimonio folklorico che
rischiava di essere disperso per sempre (furono loro, tra l'altro a
scoprire il grande «songster» nero Leadbelly). Con Pete
Seeger, infine, con cui fondò lo storico gruppo degli Almanac
Singers, Guthrie è figura chiave del primo folk revival, che
seguirà gli anni del New Deal nel nuovo clima culturale da esso
indotto, e che traccia una storia che va da questi eventi fino a Bob
Dylan, ripercuotendosi in Inghilterra negli anni '50 e influenzando
anche il nostro paese nel decennio successivo.
Che cosa rimane oggi di
quella grande epoca che, pur avendo avuto fasi diverse e diverse
interne direzioni, rappresenta tutt'ora un mito per ogni appassionato
di musica? Se tutto ciò che nasce in America finisce prima o poi per
ricadere a cascata ovunque, che cosa può riattivarsi di questa
straordinaria vicenda nell'epoca di Obama, un uomo che sembra aver
innescato un ottimismo non dissimile da quello del New Deal? Una cosa
sicuramente attraversa la canzone popolare americana, e in
particolare quella più consapevole delle sue matrici «popolari»:
l'attenzione al lavoro manuale, ai suoi processi, alle sue dinamiche
sociali; temi che sembrano in gran parte scomparsi dalla canzone di
oggi. Nell'epoca in cui gran parte del lavoro si è smaterializzato,
in cui la precarizzazione e la scomposizione della forza
occupazionale hanno ridisegnato senso e significato del lavoro
stesso, il lavoro manuale è meno descritto perché meno visibile.
Non è però scomparso, e oggi più che mai c'è un lavoro sommerso
che si può ancora riportare alla luce e raccontare: forse, per chi
si occupa di canzone popolare, avvicinarsi a quel grande repertorio
può servire a questo; forse si può ripartire da lì.
ALIAS N. 42 - 24 OTTOBRE
2009
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