Il testo che segue risale al 2008, otto
anni fa; a ciò che è accaduto nel frattempo drammaticamente
conferma la diagnosi dello storico che ne è autore. Anche le nuove
forme di attacco all'Occidente, da parte dell'ISIS, classificate
generalmente come “terrorismo”, sono una forma di guerra
asimmetrica e sono – in gran parte - conseguenza della “guerra
permanente” iniziata dagli USA e dai loro alleati dopo l'89.
(S.L.L.)
I conflitti dopo l'89.
Asimmetrici,
diseguali, ad armi impari
Sappiamo tutti quando comincia una
guerra, ma chi può dire quando finisce? Il panorama mondiale è
cambiato radicalmente con il 1989-91: dopo un momento di euforia in
cui si sentì dire che si era entrati in un'età di pace perpetua
(povero Kant!), anche i più pervicaci ottimisti (liberali), si sono
resi conto che le cose stavano diversamente. Si era entrati in
un'epoca di guerra permanente, di conflitti estremi, con forti
componenti ideologiche e religiose, quasi sempre fondati su interessi
economici.
Quest'età bellicosa si esprimeva in
guerre piuttosto diverse da quelle del passato: si invento' infatti
la formula new wars, le «nuove guerre» (Umberto Eco parlo'
di «neoguerra»), ma nel linguaggio corrente si sono preferite
locuzioni edulcorate: «operazioni di polizia», «interventi
umanitari», «missioni di pace», peacekeeping. E quando
proprio si dovette ammettere che si trattava di guerre vere e
proprie, si giunse a etichettarle come «altruiste» o persino
«etiche».
Ma in che cosa sono «nuove» le nuove
guerre? Sono innanzi tutto guerre asimmetriche, diseguali, fondate su
una sproporzione tra le forze in campo: la guerra del Kosovo ne e'
esempio paradigmatico. Una coalizione di 19 nazioni - la più potente
mai vista nella storia - contro uno Stato, la Serbia, grande come una
o due regioni italiane: la disuguaglianza non era solo numerica, ma
di capacita' tecnologica. Gli aerei degli attaccanti bombardavano da
10000 metri, quando la contraerea serba raggiungeva i 3000.
L'asimmetria si riferisce all'incapacità di uno dei due contendenti
di combattere: la metafora è quella usuale del pugile che combatte
con un braccio legato dietro la schiena: quando termina il match?
Quando l'uno muore o l'altro si stanca di colpire. Nuove, perché
sono combattute, queste guerre, accanto agli eserciti, da forze
irregolari, paramilitari, polizie, mercenari... Nuove, perché guerre
ai civili: prima colpire i civili era un incidente, piu' o meno
frequente; ora essi sono il primo obiettivo; anche se poi sentiamo
parlare di «effetti collaterali». Come possono esserlo, se in Iraq
oltre il 90 per cento dei morti é costituito da non militari? Nuove,
queste guerre, perché estranee al diritto internazionale,
faticosamente costruito nel corso dei secoli, sempre zoppicante e
malcerto, ma almeno nelle forme generalmente rispettato. Invece
queste guerre lo hanno semplicemente ignorato. Tutto è diventato
lecito: cominciare una guerra senza dichiararla, inventare guerre
«preventive», sterminare civili, torturare prigionieri, impedire
l'accesso ai mezzi di soccorso delle organizzazioni umanitarie; e lo
stupro, spesso seguito dall'assassinio, è ormai un'arma impiegata
sistematicamente, spesso su precise disposizioni dei comandi. Perciò
il controllo sull'informazione è diventato ferreo, rispetto al
passato anche recente: non si deve sapere quel che accade; ma nel
contempo, paradossalmente, si tratta di guerre mediatizzate: ci si fa
vedere tanto, ma ci si fa conoscere poco. Infine, la novità di
queste guerre sta nella sperimentazione di armi nuove: l'uso
massiccio dell'uranio impoverito, le cui conseguenze non sono ancora
del tutto acclarate, ma sappiamo che agiscono su tempi lunghissimi;
le bombe a grappolo; la micidiale «tagliamargherite», ordigno dalla
forza distruttiva pari a quella di una «piccola» bomba nucleare;
elicotteri telecomandati; supermissili; scudi spaziali; armi
chimiche... Armi che colpiscono gli individui, ma mirano a inquinare
aria, acqua, terra; a rendere intere regioni invivibili, le terre
incoltivabili, per decenni.
Le nuove guerre sono guerre ambientali:
esse eliminano la possibilita' stessa della sopravvivenza, generando
ulteriori conflitti, perché costringono masse di umani a spostarsi,
e provocando effetti a catena. Dunque sono guerre globali. Basta
toccare una tessera del domino, per scatenare l'inferno sulla terra.
E il domino colpisce anche la vita interna agli Stati: dove c'è
guerra, c'è meno democrazia. Perché la guerra si costruisce sulla
menzogna. E il potere democratico è un potere visibile. Insomma, le
nuove guerre sono guerre infinite: come numero, e per la loro durata
indefinita. Guerre che non aspettano pace. E nessuna pace sembra in
grado di fermarle; e il terrorismo è una delle facce della guerra
infinita.
“Tuttolibri – La Stampa” 11
ottobre 2008
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