Un
uomo che ha un mistero si distingue dagli altri
perché
guarda sempre in dentro,
il
pensiero dominante lo fa camminare
curvo
e furtivo rasente i muri,
si
chiude con dieci chiavi dietro dieci porte,
non
trova nulla da dire alla famiglia,
ascolta
con occhio torvo quanto gli viene detto,
ha
fretta di restare solo
nella
tomba della sua anima.
Muore
finalmente, per una ragione qualunque,
si
cercano le chiavi, si aprono le porte
una
dopo l’altra con unghie impazienti,
l’erede
può gettare un’avida occhiata di scoperta
sulla
preziosa raccolta di carta igienica
rubata
sui treni, negli alberghi, nei ristoranti,
negli
uffici pubblici e privati,
in
patria e all’estero, in tagli diversi,
in
rotoli colorati, per lo più a quadratini.
Ce
ne sono quintali di tonnellate,
chilometri
di centimetri e miriametri,
parte
in cataste scrupolosamente ordinate,
parte
in cartelle su appositi scaffali,
bauli
ne rigurgitano mucchi sotto il letto,
pieni
gli armadi, le tasche di ogni vestito,
il
cassetto delle calze e quello dei fazzoletti,
fogli
stanno infilati dietro i vetri
dove
sbiadiscono i morti familiari
con
una viola del pensiero sulla guancia,
alcuni
emettono un leggero profumo,
su
altri la muffa ha tessuto le sue coltivazioni,
il
bianco ragno del tempo che ha condiviso il segreto,
da
antichi decenni lui solo conobbe
l’emozione
che il ladro di carta igienica
provò
intascando il primo foglietto,
calando
le palpebre sugli occhi prima di uscire
perché
una scintilla non tradisse la sua gioia fiammeggiante
ai
piedi di un guardiano sospettoso,
di
una vecchia laida con la mano tesa
a
ricevere la mancia o il prezzo del tradimento.
In
Il cavallo saggio. Poesie epigrafi esercizi,
Einaudi 2011
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