Sono in corso, fino al 27 gennaio prossimo, le repliche
della messa in scena della Turandot al Teatro Massimo di Palermo: per
la messa in scena il gruppo artistico russo di Aes+F ha affiancato il
regista Fabio Cherstich per la scenografia e i costumi. I russi –
come ha spiegato la veterana del gruppo Tatiana Arzamasova a
Francesco Musolino, per Robinson di “Repubblica hanno immaginato
una Pechino futura come capitale di un impero globale «basato su un
matriarcato tecno-femminista radicale che potrebbe nascere un domani,
come conseguenza estrema del movimento #MeToo, laddove il sentimento
della vendetta contro gli uomini prenda una spiccata piega politica.
La principessa Turandot del futuro è consapevole del proprio potere.
È una donna bellissima e folle che perpetua un’idea di violenza,
capovolgendo i ruoli. Nel suo mondo sono gli uomini a essere schiavi
in catene».
Il gruppo artistico russo Aes+F |
Così Arzamasova ha spiegato l'impiego dei costumi anni Quaranta in
questa favola globalizzata: «Un regime
totalitario femminile del futuro poteva scegliere qualsiasi stile per
rendere il concetto di bellezza e per noi le linee degli anni
Quaranta creano un perfetto contrasto con quel potere centrale. Così
Liù indossa un costume da infermiera, i tre ministri — Ping, Pong,
Pang — hanno uno stile completamente rosso, dalle scarpe ai guanti
e Timur, il re spodestato, si presenta con un’uniforme militare un
po’ shabby che ricorda lo stile vistoso di Muhammad Gheddafi.
Infine, per i membri del coro abbiamo scelto di mescolare lo stile
sobrio di Casablanca a un tocco di pop art, colorando impermeabili,
cappelli e scarpe con un arcobaleno fatto di toni accesi».
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