«Ho lasciato Genova a
tre anni, dunque i miei Natali erano a Torino. Abitavamo in un
palazzo che aveva due scale, in una, in un alloggio, stavamo noi,
nell'altra la famiglia di mio zio. Lui, pittore dilettante piuttosto
bravo, era uno specialista nel dipingere il fondale del presepe con i
colori tipici del tramonto, e a me è rimasta impressa l'immagine di
quel cielo rosso che stava alle spalle delle statuine, di tutto. Il
Natale era un giorno di festa, per me bambino, poi, a poco a poco mi
staccai dal presepe, dal culto dei regali, dall'arrivo del Bambin
Gesù che li portava e, gradualmente, assunsi uno sguardo laico,
capii che quello era un mondo da favola, anche attraente, ma
inconsistente».
“la Repubblica”, ed.
di Genova 23 dicembre 2008
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