Alois Alzheimer |
Quando nel 1906 Alois
Alzheimer descrisse a Tubingen le sue scoperte sulle demenze,
l’indifferenza dei suoi colleghi certo non faceva presagire che di
lì ad un secolo la malattia di Alzheimer sarebbe stata una delle
principali epidemie silenziose della nostra epoca. La malattia di
Alzheimer, che formalmente è caratterizzata da alterazioni del
cervello che si possono rilevare solo per via autoptica, riduce
progressivamente la nostra capacità di colloquiare con il mondo
esterno, di essere auto-sufficienti e di utilizzare quanto di più
nobile abbiamo: la nostra mente. Quante persone colpisce non è
facile da dirsi con esattezza, ma le stime conservative suggeriscono
che vi siano almeno cinquanta milioni di ammalati oggi sul nostro
pianeta, che la possibilità di ammalarsi aumenti con l’età e che
l’incidenza più alta si verifichi tra gli 80 e gli 85 anni. La
nostra volontà e ambizione di vivere più a lungo, quindi, si
controbilancia con la volontà di vivere in buona salute, con il
tremendo spauracchio della demenza.
Negli ultimi cento anni
gli antibiotici, le vaccinazioni e un significativo miglioramento dei
presidi igienici molto hanno fatto per ridurre la mortalità
infantile, e poi la chirurgia, la medicina, la farmacologia (ad
esempio per le malattie cardiovascolari e per il diabete) molto hanno
fatto per portarci in buona salute nella terza età. Gli ultimi
vent’anni hanno visto anche notevoli passi avanti nella nostra
lotta ai tumori, non certo sconfitti ma arginati in molti ambiti (si
pensi ai tumori della prostata e del seno). Rimane quindi la malattia
di Alzheimer che con il costante aumento dell’aspettativa di vita,
aumenta nella sua prevalenza, e quindi ben vengano libri divulgativi
che ce la spieghino.
Quello
di Arnaldo Benini (La mente fragile. L’enigma dell’Alzheimer,
Cortina, Milano 2018) è un libro breve (un centinaio di pagine, se
si escludono i riferimenti bibliografici), di facile lettura, che
fornisce i rudimenti della malattia di Alzheimer, dalle possibili
cause ai problemi etici legati all’eutanasia. Il background
dell’autore, neurologo e neurochirurgo, sono facilmente
identificabili nelle pagine più belle del libro: la descrizione
della malattia, i diversi stadi dell’invecchiamento cerebrale e la
possibile trasformazione in demenza, i problemi pratici ed etici che
la malattia comporta. È quindi rassicurante in alcune parti e
diretto in altre, come dovrebbero essere le parole di un medico che
ha a cuore i propri pazienti ma non li tratta in maniera
paternalistica. Forse leggermente meno penetranti sono i capitoli
dedicati alla eziopatogenesi della malattia, in cui l’autore
reitera più volte che la direzione presa dalla ricerca moderna è
plausibilmente sbagliata. L’affermazione è forse un po’ troppo
tranchant e non prende in considerazione gli argomenti della
controparte, ma a onor del vero serve all’autore per ben comunicare
che i farmaci basati sulle attuali ipotesi non hanno portato ai
risultati attesi e che la diagnostica per immagini che al momento si
vorrebbe proporre per identificare gli stati prodromici (prima
dell’insorgenza della malattia) al momento non è sufficientemente
supportata dalle evidenze scientifiche circa la sua utilità e
accuratezza. Affermazione, questa, importantissima, in un mondo di
banalizzazione della comunicazione, in cui talvolta vengono vendute
per certezze quelle che certezze non sono. Di particolare impatto vi
è la non banale affermazione che la malattia di Alzheimer, in quanto
malattia dell’età involutiva, in cui la funzione di riproduzione
della specie è oramai superata, non è soggetta a selezione naturale
e il breve accenno al testamento biologico in questo ambito.
La mente fragile
quindi fa quello che ci si aspetterebbe da un libro divulgativo.
Fornisce i rudimenti della materia, affronta la maggior parte dei
problemi fornendo la possibilità di andare ad approfondire quei temi
che più gli sono vicini altrove. Certo fornisce il singolo punto di
vista dell’erudito autore, con il limite che, ove vi siano
controversie, una prospettiva richiede sempre più punti di vista. La
mente fragile è scritto per lettori interessati a capire la
malattia, comprendere alcune delle correnti di pensiero che
caratterizzano la direzione intrapresa dalla comunità scientifica e
clinica, e prendere spunti per ulteriori riflessioni. È un libro di
divulgazione scientifica e quindi non intende spaventarci, ma
informarci ad esempio comunicando che l’unico presidio al momento
conosciuto per ridurre la possibilità di demenza risiede nello stile
di vita. Una delle più belle conclusioni del libro, parlando alle
angosce di ciascuno di noi, è che è inutile preoccuparsi prima del
tempo.
L’Alzheimer non ha
ricevuto, negli ultimi anni, così tanto spazio nel panorama
editoriale quanto altre malattie quali il cancro. Forse il motivo di
questo è che tutte le risorse riversate nella sua comprensione al
momento non hanno dato i frutti sperati. Aspettando quindi un
prossimo libro che ci racconti i progressi che faremo, ci possiamo
informare sul passato leggendo il bellissimo libro di Matteo Borri,
Storia della malattia di Alzheimer (il
Mulino, Bologna, 2012). È sempre affascinante la prospettiva di uno
storico della medicina, perché intreccia scoperte, retroscena,
errori, e debolezze umane. Certo questo non è un libro di facile
lettura, ma ci fa vedere come nella ricerca biomedica due sono gli
elementi essenziali: porsi le domande corrette e trovare risposte
idonee a queste domande. Le domande cruciali sulla malattia di
Alzheimer sono state poste ripetutamente da Alzheimer in poi.
Malgrado l’enorme mole di ricerca sviluppata in questo campo
nell’ultimo secolo, le risposte tardano ad arrivare. (...)
Da “L'Indice”,
gennaio 2019.
Armando Genazzani insegna
farmacologia all’Università del Piemonte orientale.
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