Per diventare cittadini
danesi, dal 1° gennaio è obbligatorio stringere la mano al sindaco
o a un funzionario statale. La legge voluta dal governo di
centrodestra può interpretarsi come un sopruso provocatorio nei
confronti dei musulmani, e anche degli ebrei tradizionalisti, visto
che in codeste religioni vige – più o meno rispettato –
l'obbligo di astenersi in pubblico dal contatto fisico con persone
dell'altro sesso. Molti sindaci danesi, riferisce “ Le Monde”,
annunciano che faranno di tutto per evitare di applicare la legge,
perché a loro avviso viola la libertà religiosa e ha un chiaro
intento islamofobo. La ministra dell’Integrazione, Inger Stojberg,
nega invece qualsiasi proposito discriminatorio e la mette sul piano
della «lealtà» e del «rispetto»: «È chiaramente un simbolo. In
questo paese c’è l’uguaglianza, l’abbiamo da parecchie
generazioni e abbiamo lottato per averla. È dunque nostro dovere
proteggerla e rispettarla».
La scelta si collega
all'orientamento “duro” verso gli immigrati della coalizione di
centrodestra che governa da qualche anno in Danimarca e che tende a
rafforzare le misure di assimilazione. L'obbligo della stretta di
mano si aggiunge a una legge, approvata la scorsa estate, che vieta
il velo e il burka in pubblico e anche prima della sua introduzione
le norme danesi sulla cittadinanza erano piuttosto restrittive:
poteva chiederla solo chi è residente da almeno 9 anni, è autonomo
finanziariamente, dimostra di conoscere la lingua, la storia e la
politica danese e non ha precedenti penali.
L'esempio danese sembra
far proseliti in Francia e Svizzera per esempio, e non solo a destra.
A Losanna, per esempio, il sindaco Grégoire Junod, socialista, si è
rifiutato di convalidare la cittadinanza a una donna che ha rifiutato
di stringergli la mano.
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