Una bella intervista e
una bella storia, da valorizzare non solo per i suoi risvolti
femministi, ma anche per una riflessione sulle sorti italiane della lirica, una delle più importanti tradizioni culturali del nostro Paese, un “bene
comune” assai trascurato. (S.L.L.)
Prendi una pluripremiata
che ha marciato a passo di carica nella crema delle accademie
musicali italiane macinando diplomi, specializzazioni, attestazioni e
riconoscimenti. Prendi nonna Clori, anni Venti, Roma, voce splendida,
selezionata da Puccini in persona per Musetta nella Bohème al
Teatro Costanzi. Prendi la scelta, il bivio, lo spartiacque: o la
famiglia o la carriera, il dubbio, il dramma e infine la rinuncia a
un ruolo che Clori non interpreterà mai per sposare un ufficiale.
Ecco servita la grande
occasione per Valentina Peleggi, 35 anni, direttrice d’orchestra al
suo gran debutto il 20 febbraio a Londra dove salirà sul podio con
la English National Opera
proprio con Bohème. Direttrice d’orchestra, si diceva. Una
professione che in Italia per le donne è praticamente un miraggio
dominata com’è da protagonisti tutti al maschile se si si esclude
qualche ospitata dall’estero.
Ribaltando il destino di
nonna Clori, Valentina ha fatto le valigie ed è andata via
dall’Italia. Oggi la sua vita si divide su tre continenti: lavora
di base a Londra dove ha vinto un concorso per il ruolo biennale di
direttrice associata alla Eno. È direttrice musicale del teatro
dell’Opera di San Paolo (Theatro São Pedro) in Brasile, dove è
direttore principale anche del Coro sinfonico di Stato. E impugna la
bacchetta negli Stati Uniti dove collabora con la Baltimore Simphony
Orchestra.
Maestra Peleggi,
come è arrivata a questo risultato a soli 35 anni?
Nel 2018 ho vinto questa
posizione di direttrice associata in collaborazione con la Mackerras
Conducting Fellowship. È un ruolo molto impegnativo che mi porterà
a debuttare il 20 febbraio con Bohème. Contemporaneamente sto
seguendo un’altra produzione di Philip Glass, fra due mesi toccherà
al Didone ed Enea di Purcell e poi in autunno Offenbach.
Che rapporto ha con
Bohème?
Ho una storia molto
personale con quest’opera. Nella mia famiglia nessuno è musicista
a eccezione della mia bisnonna materna, Clori Pierangelini, che
veniva da una famiglia medio borghese. In quelle famiglie le donne
venivano iniziate agli studi musicali, un po’ di pianoforte e un
po’ di canto, più per intrattenere gli ospiti nei dopo cena che
non per avviarle a una carriera artistica. Piccolo particolare, la
mia bisnonna aveva una voce veramente fuori dal comune e voleva fare
la cantante. Così di nascosto si presentò alle audizioni per Bohème
al Teatro Costanzi di Roma, dove in commissione c’era Puccini che
la scelse per la parte di Musetta. Erano gli anni ‘20, la mia
bisnonna aveva 17 anni ed era promessa in sposa a un ufficiale di
marina.
Immagino come andò
a finire….
E sì, ovviamente fu
messa davanti a una scelta, o il matrimonio o la carriera. Clori
decise di sposarsi e da quel momento non ha mai più cantato. Quando
ero piccola andavo a casa sua e lei suonava il pianoforte, suonava
Bohème ma senza mai cantare.
Questa Bohème che
dirigerà si annuncia già intensa, con un’impronta molto forte
Si, sono davvero
emozionata. Ma per me, per la mia storia familiare, ha proprio il
sapore di un riscatto, quello di nonna Clori, con i suoi vestiti
pieni di merletti, le sue unghie che ticchettavano sui tasti del
pianoforte e la sua dolorosissima rinuncia al canto.
Siamo partite dalla
storia di sua nonna e ora veniamo a lei. Donne che vivono in contesti
completamente diversi. Ma diciamocelo, una donna sul podio è una
rarità anche oggi, soprattutto in Italia.
Il direttore di orchestra
ha un ruolo di leadership e quindi come tutti i ruoli di leadership è
per la maggior parte appannaggio maschile. E’ una questione di
costume, di abitudine, fa comodo pensare che il ruolo maschile sia il
ruolo predominante. Ma non solo: nell’immaginario collettivo il
direttore d’orchestra è anche anziano, ha i capelli bianchi ed è
maschio.
E quindi se sei
giovane e donna la strada è tutta in salita. È così?
Sì. E’ proprio una
questione culturale. Il dio maschio è un entità di potenza,
saggezza, esperienza. Ma può non essere necessariamente cosi. Una
donna che sale sul podio non può e non deve scimmiottare il suo
collega uomo. Altrimenti tutto diventa ridicolo. Deve trovare lei un
proprio modo di avere una leadership forte ma che non sia presa in
prestito dall’altro sesso. Questa è la sfida che io e le mie
colleghe ci troviamo di fronte: reinterpretare il ruolo di leadership
al femminile.
Lei parla di
leadership e banalmente il pensiero va alla bacchetta. Lei la usa
quando dirige?
Sfatiamo questo mito, la
bacchetta non è un simbolo di comando. In realtà dipende dalla
composizione dell’orchestra, se hai cento strumentisti da dirigere
la bacchetta serve perché è un riferimento visivo che aiuta. Nel
caso della Bohème alla Eno, per esempio, avrò sessanta
musicisti in buca e userò la bacchetta per farmi individuare dai
cantanti sul palco che sono lontani da me decine e decine di metri.
A quanti anni ha
deciso di fare sul serio con la musica? Quando ha capito che quella
era la strada che voleva percorrere?
Questa è una domanda
veramente importante, soprattutto per una donna. Per me è stato a 26
anni, dopo la laurea, quando ho deciso di andare all’estero, e cioè
se venire a Londra alla Royal Academy oppure no. In quel momento mi
sono posta per la prima volta la domanda delle domande: voglio
investire tutto su questo? Anche perché non possiamo nasconderci che
la vita della direttrice d’orchestra è impegnativa, multicentrica,
sempre con la valigia in mano.
La scelta di andare
all’estero è stata dettata da un percorso di formazione?
Sì. Avevo già un lavoro
in Italia, ero direttrice del Coro Universitario di Firenze, che
amavo molto. Nel frattempo frequentavo il Conservatorio, ho studiato
a Fiesole, al Conservatorio di Santa Cecilia, alla Chigiana di Siena.
Quindi tutto quello che potevo fare al top della formazione in Italia
l’avevo fatto. Ma a me non bastava, non vedevo possibilità in
Italia per continuare a migliorare. E invece avevo sete di continuare
a imparare, volevo allargare i miei orizzonti. E così ho puntato su
Londra perché pensavo che la Royal Academy potesse offrirmi quello
che cercavo. Mai scelta è stata più difficile e, con il senno di
poi, giusta per me.
Lei è stata la
prima italiana a riuscire a entrare in un programma della Royal
Academy. Cosa ha imparato da quell’esperienza?
A Londra ha trovato un
contesto diverso da quello italiano per una donna che voleva salire
sul podio. All’estero la situazione è meno ingessata, si scommette
moltissimo sulla meritocrazia, quindi maschio o femmina che tu sia se
sei bravo vai avanti, altrimenti ti fermi. In Italia qualche segnale
inizia a intravedersi ma i tempi sono lunghi. E per chi come me
voleva venire fuori subito non era cosa. Anche perché dirigere
un’orchestra ha molto a che vedere con il corpo, il fatto che tu
sia donna è qualcosa che non puoi certo nascondere.
Facciamo un gioco.
Prendiamo i gesti dei direttori e facciamo un confronto.
Se un direttore fa un
gesto delicato, quello è un direttore sensibile. Se una direttrice
fa lo stesso identico gesto, si dirà che ha poco carattere, che è
troppo sensibile. Se un direttore fa un gesto volitivo si dice che è
grintoso, se lo fa una direttrice invece si dirà che è aggressiva,
scomposta. Siamo messi cosi, inutile raccontarla in un altro modo.
Come sarà la sua
Bohème?
Penso che sarà intensa.
Spero davvero di restituire la freschezza dei ragazzi che sono i
protagonisti della storia pucciniana. La immagino leggera, a volte,
perché senza leggerezza non c’è l’affondo del dramma. Ma per
una definizione sincera aspettiamo: glielo dirò quando poggerò la
bacchetta sul leggìo alla fine dell’ultimo atto.
Finiamo con la
classica domanda. Cosa consiglierebbe alle giovani aspiranti
direttrici?
Non accontentatevi mai.
Crescete, sempre. Non rimanete in un posto per comodità, per
assuefazione: se si deve partire si parte, poi magari si torna. E mi
raccomando: non mollate mai.
Il Sole 24 Ore, 31
gennaio 2019
Nessun commento:
Posta un commento