7.2.19

Plastica usa e getta. I danni che fa, le soluzioni che tardano (Luigi Ippolito)

A gennaio dello scorso anno, Luigi Ippolito, corrispondente da Londra per il Corriere della Sera, prendendo spunto da un'iniziativa legislativa del governo inglese, espose in un articolo i gravi problemi di inquinamento che l'uso massiccio della plastica negli imballaggi e nell'usa e getta determina e le misure in vari paesi prospettate per ridurlo considerevolmente. Il pezzo andrebbe aggiornato, ma non mi pare che i passi avanti fatti nel mondo attenuino la gravità del problema. Non parliamo dell'Italia. (S.L.L.)


La premier Theresa May ha annunciato ieri la creazione nei supermercati di corridoi liberi dalla plastica, ha proposto una tassa su tutte le confezioni monouso, incluse posate e cannucce, e ha esteso a tutti i negozi la tassa di cinque centesimi sui sacchetti di plastica, già in vigore nei supermercati. Per dare il buon esempio, gli uffici governativi dovranno fare a meno di piatti e posate di plastica, mentre parte dei 13 miliardi di sterline (circa 15 miliardi di euro) di aiuti allo sviluppo saranno destinati a ripulire gli oceani. «Dobbiamo ridurre la domanda di plastica — ha detto la May — ridurre la quantità di quella in circolazione e migliorare il livello di riciclo. Agiremo a ogni passaggio della produzione e del consumo».
A partire dagli anni Cinquanta nel mondo sono state fabbricate oltre 8 miliardi di tonnellate di plastica: una cifra destinata a quadruplicarsi nei prossimi trent’anni. La gran parte di questo materiale finisce nei fiumi e negli oceani: la conseguenza è che nel mondo un milione di uccelli e almeno 100 mila tartarughe e altri mammiferi marini muoiono per aver ingerito plastica o per esserci rimasti impigliati. Nel canale della Manica, un pesce su tre che viene pescato contiene plastica: e perfino nella fossa delle Marianne, il punto più profondo del Pacifico, sono state trovare creature che avevano ingerito particelle di plastica.
Sulla scia del governo di Londra, le regioni del Regno Unito hanno annunciato provvedimenti simili: la Scozia metterà al bando la produzione e la vendita dei cotton fioc di plastica, dopo che le sue spiagge sono state inondate di bastoncini.
Anche l’Europa si muove: Bruxelles sta considerando una tassa comunitaria sulla plastica. Il commissario al Bilancio Guenther Oettinger ha comunicato che il provvedimento sarà varato in maggio, anche se non è stato ancora deciso se il balzello sarà a carico dei consumatori o dei produttori. Ma il fronte più difficile della battaglia resta quello cinese. Già dieci anni fa Pechino aveva provato far pagare i sacchetti di plastica, ma mercati e negozi hanno praticamente ignorato la disposizione. Lo sviluppo tumultuoso di questi ultimi anni ha dato il colpo di grazia all’ambiente: basti pensare alla popolarità delle consegne di cibo a domicilio, che nelle città hanno raggiunto i 20 milioni di ordini al giorno. Se si calcolano tre contenitori di plastica per ogni consegna, abbiamo 60 milioni di scatole quotidiane che vengono gettate via senza essere riciclate. I fiumi cinesi sono inondati di spazzatura che si riversa nel Pacifico: ora Pechino sta pensando a provvedimenti radicali e ha bandito l’importazione di rifiuti per concentrarsi sullo smaltimento interno. Ma potrebbero essere misure tardive.

Corriere della sera, 11 gennaio 2018

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