3.2.19

Mestieri scomparsi: ’a tincitura (la tintora). Dal "Museo d'ombre" di Gesualdo Bufalino


Allora il nero del lutto era legge: nero era il cuore, nero il panno. Compresi fazzoletti e camicie. A me dunque a ogni morte di nonno davano da portare i grossi fagotti legati, colore dell’arcobaleno, perché li annerisse d’un subito, appena dietro l’angolo, Donna Stella tincitura. La trovavo in cucina, curva, con le belle braccia nude, su un calderone di aniline, che fumava e pareva vivo. Sapevo di non dovermi affacciare a guardare: un paiuolo di diavoli come quello, dove bollivano e si strizzavano tutte le infamità della terra... Ma non mi spaventavano meno, alzando gli occhi, le lingue d’ombra che tremavano lassù, sulla volta; e il borbottio delle fiamme che voleva persuadermi a tutti i costi una cosa, ma non sapevo che cosa. Strega accigliata e benigna, Donna Stella mi consolava, chiamandomi a mangiare, come una capra, nel suo palmo caldo di Esperide o Èva, i grani scuri di un melograno.

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