15.2.19

Storia. I re tra ritualità e potere. Due libri di Hubert Houben e M. Antonietta Visceglia (Marina Montesano)

Federico II di Svevia


l tema della regalità sacra è il presupposto intorno a cui si impernia lo studio seminale di Marc Bloch sui re taumaturghi di Francia e d'Inghiterra (I re taumaturghi, Einaudi 1973, ed. or. Faculté des Lettres de l'Université de Strasbourg 1924), anche se sarà necessario attendere il 1957, anno della prima edizione del celebre saggio di Ernst Kantorowicz dedicato ai «due corpi del re» (I due corpi del re: l'idea di regalità nella teologia politica medievale, Einaudi 1989, ed. or. Princeton University Press 1957), perché si abbia un'analisi della duplice natura del corpo del sovrano: uno fisico, che invecchia, si ammala, muore, si distrugge; un altro mistico, incorruttibile ed eterno. Misticamente - e istituzionalmente - il re non muore mai: «il re è morto, viva il re».
Gli studi sulla regalità sacra non hanno conosciuto in Italia grande impulso; una constatazione, questa, che trova la sua spiegazione principale nell'orientamento prevalente della nostra storiografia, a lungo lontana dall'interesse per la storia delle rappresentazioni simboliche, e forse anche in parte nella scarsa tradizione monarchica italica, che non ha mai potuto rivaleggiare con quella di altri paesi europei. Si deve tuttavia segnalare come, sulla base del grande studio del Kantorowicz o sull'approccio comparativista e antropologico delle Annales francesi, e fatalmente sulla loro scia, si siano mossi alcuni studiosi italiani: Sergio Bertelli ha studiato il corpo del re in una prospettiva di lunga durata, come mostra per esempio il volume da lui curato e intitolato Gli occhi di Alessandro. Gli occhi di Alessandro. Potere sovrano e sacralità del corpo da Alessandro Magno a Ceauçescu, (Firenze 1990); Franco Cardini si è pure interessato al tema in diverse ricerche, ma soprattutto nella mostra (con relativo catalogo) Signum gloriae. Regalità sacra ed Europa cristiana (Modena 2000); Chiara Mercuri ha prodotto una valida monografia sul rapporto tra culto delle reliquie e monarchia francese (Corona di Cristo corona di re. La monarchia francese e la corona di spine nel Medioevo, Roma 2004). E sulla «monarchia papale», che pur attraverso dinamiche e contenuti diversi appare sovente speculare rispetto a quella imperiale, lavora da anni Agostino Paravicini Bagliani.
Regalità imperiale, regalità sacerdotale: dopo i fondamentali studi di Georges Dumézil sappiamo quanto spesso la funzione regale sia apparsa contesa tra le due «funzioni», quella magico-sacerdotale e quella eroico-guerriera, appunto perché tali funzioni compartecipano del delicato compito della fondazione del diritto e dell'amministrazione della giustizia. Fra età tardoantica e altomedievale la regalità cristiana si appropriò, con la cristianizzazione dell'impero romano, del simbolo e del rito dell'unzione con il crisma usato nei principali sacramenti, da associare al rito dell'incoronazione. Il re cristiano è assimilato al sacerdote e al vescovo in quanto inserito nella tradizione mosaica dell'unzione sacra che spetta a tutto quel che ha contatto col Divino; al tempo stesso, è unto in quanto athleta Christi come si fa con i battezzandi e i morituri, in quanto possa vittoriosamente combattere le battaglie della fede e sia, come i cresimandi, perfetto miles Christi.
Fu la Chiesa romana, suggerendo il rito dell'unzione ai re «romano-barbarici», a proporre questa continuità fra i re d'Israele e i re cristiani. Tuttavia, la tensione latente fra i due poli emerse prepotentemente nel corso dell'XI secolo, quando Roma cominciò a proporsi quale unico vicario di Cristo, giudice supremo e superiore rispetto ai sovrani «terreni». Una visione che il papa Innocenzo III avrebbe teorizzato in modo eloquente attraverso la ben nota metafora del sole e della luna: come Dio ha creato i due astri, rispettivamente uno più grande a illuminare il giorno, l'altro più piccolo a rischiarare la notte, così ha istituito la Chiesa e l'impero; la prima preposta a governare il giorno, ossia le anime, il secondo a governare la notte, ossia i corpi. Poteri dunque complementari, ma con la chiara coscienza della superiorità del sole sulla luna. Mentre Innocenzo III proponeva l'ardita metafora, sorgeva l'astro di uno dei principali protagonisti di quei tempi, Federico II, che proprio con il papato avrebbe consumato uno scontro feroce.
All'imperatore normanno-svevo sono stati dedicati innumerevoli studi, che ne hanno indagato vita, opere, cultura, politica sotto molteplici punti di vista. Proprio l'ampia produzione rende utile l'agile profilo proposto da Hubert Houben, Federico II. Imperatore, uomo, mito (Il Mulino, 2009), nel quale si ripercorre la vicenda di Federico: a partire da quella biografica fino al mito postumo. All'apparato sacralizzante che lo circondava non sono dedicate molte pagine, ma la bibliografia - essenziale seppur dettagliata - offre la possibilità di ampliare le proprie letture in molte direzioni.
È interessante notare che, sebbene l'istituzione imperiale fosse storicamente radicata in Germania, Federico II di Svevia fu re di Germania così come d'Italia, di Sicilia e di Gerusalemme, e la sua azione politica fu anzitutto diretta verso il Mediterraneo. Mentre siamo abituati a considerare la regalità sacra come una faccenda che si consuma sostanzialmente nel blocco continentale europeo, esiste una sua dimensione prettamente mediterranea. Ce ne parla Maria Antonietta Visceglia nel suo Riti di corte e simboli della regalità. I regni d'Europa e del Mediterraneo dal Medioevo all'età moderna (Salerno Editrice 2009); non uno studio comparativo in senso stretto, come l'autrice specifica, ma una prospettiva di confronto tra la regalità cristiana europea-mediterranea e quella islamica-mediterranea, in cui si attestano «differenti concezioni della regalità rispetto alla quale (...) la Legge religiosa rivelata ha un rapporto problematico se non antinomico». Si tratta di una prospettiva nella quale tornano i grandi temi degli studi in materia cui abbiamo accennato, ma che viene arricchita dalla capacità di farli intrecciare e dialogare con le sponde orientali e meridionali del Mediterraneo.

Il manifesto 05/01/2010

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