Henry Ford nel 1919 |
«Henry Ford con le sue
auto aveva voluto aprire le strade a tutti, fornendo una
straordinaria forma di libertà. Ma oggi stiamo pagando un prezzo
troppo alto per disporre di questo beneficio, per effetto del
traffico e degli ingorghi. È ora di restituire le città ai
cittadini... ». Una frase del genere pronunciata da un ecologista,
non farebbe notizia. Lo diventa invece se si tratta dell’incipit
del discorso di apertura al Consumer Electronics Show di Las Vegas di
Jim Hackett, amministratore delegato e presidente di Ford. Cioè di
uno dei più grandi marchi di costruttori di auto al mondo.
L’automobile che chiede
scusa, che corre ai ripari e attraverso la tecnologia suggerisce
rimedi per inserirsi nel tessuto sociale e urbanistico in maniera
sempre meno traumatica: questa è la grande tendenza del presente.
Una presa di coscienza onesta e consapevole che il mondo delle
mobilità su ruote ha adottato da tempo, reagendo allo scandalo
“dieselgate” in maniera costruttiva, molto più di tutte
le altre componenti potenzialmente inquinanti dell’industria, in
maggioranza lente e insensibili di fronte all’allarmante realtà di
oggi. È stato calcolato infatti che entro il 2030 saranno 34 le
città del mondo con oltre 10 milioni di abitanti, che ci saranno
almeno 41 megalopoli e vent’anni più tardi l’80% della
popolazione globale vivrà in città. Il costo annuo degli ingorghi
nelle aree urbane delle sole metropoli europee potrebbe raggiungere –
secondo uno studio di Inrix Roadway Analytics – la cifra di 208
miliardi di euro, il doppio rispetto a quello previsto per le dieci
più importanti aree metropolitane degli Stati Uniti, con un
conseguente aumento della pressione sulle infrastrutture,
sull’ambiente e sulla qualità di vita. Incidendo sull’aria che
respiriamo, sul tempo che sprechiamo nel traffico, sull’energia che
consumiamo e sulla nostra sicurezza. Per questo motivo, le città
devono cambiare approccio e farsi aiutare dalla tecnologia per capire
dove e come intervenire. Ecco perché il messaggio lanciato da Ford
al CES di Las Vegas è stato chiaro e per molti aspetti
rivoluzionario. Jim Hackett ha infatti ribadito di avere come
obiettivo la restituzione dello spazio concesso alle strade,
progettate per le automobili, ai cittadini. E di voler invertire una
situazione in cui tutto l’ambiente in cui vivono milioni di persone
ruota attorno alle automobili.
La strategia annunciata
da Ford non prevede, naturalmente, l’abbandono delle vetture. Ma il
loro inserimento in un sistema complesso e connesso che ridisegna la
mobilità attraverso nuove infrastrutture, nuove forme di
condivisione, nuove opportunità di riduzione dei tempi morti nel
traffico e soprattutto nuove tipologie di veicoli. Nel confermare le
sperimentazioni sempre più estese delle future generazioni di auto e
mezzi commerciali a guida autonoma, Ford ha anche anticipato un
ambizioso progetto di utilizzo di questi veicoli per le consegne a
domicilio di varie tipologie di merci, con l’obiettivo di rendere
sempre più socialmente apprezzabile l’impatto delle auto a guida
autonoma sulla comunità. Quello che appare chiaro è che è
soprattutto la mobilità il settore in cui è più necessario
intervenire. Tutti i costruttori hanno investito miliardi di dollari
per ridurre le emissioni nocive dei motori, “tagliandole” in
media il 30% negli ultimi dieci anni, e per adeguarsi ai limiti
sempre più severi imposti soprattutto dall’Unione Europea: uno
sforzo economico enorme che ha portato a rivoluzionare la tipologia
di alimentazione, abbandonando progressivamente le motorizzazioni a
gasolio a favore di quelle elettriche o elettrificate. Ma quella
contro l’inquinamento non è l’unica battaglia in cui
l’automobile è impegnata.
Negli Stati Uniti, per
esempio, è stato calcolato che si trascorrono oltre 40 ore all’anno
fermi nel traffico, sperperando oltre 160 miliardi di dollari in
tempo e combustibile. E che quello per la ricerca del parcheggio in
città è pari a più di un terzo del tempo complessivo trascorso in
auto. Per questo anche Bosch, il maggiore fornitore di sistemi
elettronici per autovetture e altro soggetto evoluto e molto
responsabilizzato dell’automotive, ha pensato a una soluzione che
consente di trovare uno spazio di sosta libero, divenuto ormai una
rarità nelle zone residenziali e nei centri storici. Durante la
marcia, le auto individuano e misurano automaticamente gli spazi fra
le vetture parcheggiate, trasmettendo i dati in tempo reale a una
mappa digitale che consente agli altri veicoli di trovare i parcheggi
liberi. «Dopo aver superato con successo la fase pilota del
progetto, stiamo pianificando il lancio del community-based parking
in 20 città degli Stati Uniti quest’anno. In luoghi come Los
Angeles, Miami e Boston, daremo informazioni in tempo reale sui
parcheggi disponibili su strada per i produttori di auto. I guidatori
potranno vedere sui loro sistemi di navigazione il luogo in cui si
trova un posto libero e potranno andarci direttamente, risparmiando
tempo, combustibile e stress», spiegano dalla multinazionale
tedesca.
Un’altra delle
soluzioni del futuro sono i garage con sistema di parcheggio
autonomo: basta lasciare il veicolo all’ingresso del silos e
trasmettere il comando da un’app per smartphone: l’auto cerca
quindi un posto libero e parcheggia senza l’intervento del
guidatore. Bosch e Daimler hanno già lanciato il primo servizio di
questo tipo presso il museo Mercedes-Benz a Stoccarda. Questa
innovazione eliminerà lo stress e permetterà un uso più efficiente
dei posti disponibili: lo stesso spazio potrà ospitare fino al 20%
in più di veicoli. Investimenti, studi, innovazione, disponibilità
a cambiare: l’automobile resta al momento il mezzo di mobilità
meno evitabile, ma corre verso un futuro che le consenta di rimandare
la distruzione di se stessa. Reinventandosi e mettendosi in
discussione. La soluzione per avere un numero maggiore di parcheggi,
spostamenti rapidissimi, meno inquinamento e traffico quasi azzerato,
è stata studiata anche dall’Itf dell’Ocse, forum che
l’organizzazione per la Cooperazione e lo sviluppo economico
utilizza per esaminare nuovi scenari di mobilità. Il modello di
città del futuro sostenibile è emerso da un’indagine sulla
mobilità condivisa realizzata con sperimentazioni a Helsinki e
Lisbona, due realtà diverse ma rappresentative.
Nella simulazione, tutti
gli spostamenti su strada sono stati sostituiti da taxi-bus con
configurazioni differente di posti a sedere, da 6 a 20 persone,
diretti verso la rete dei collegamenti pubblici di metro e autobus:
quindi con taxi “classici” che prelevano gli utenti sotto casa o
al lavoro per portarli in un altro punto della città, e mini autobus
più grandi con servizio “on demand” per i quali è necessaria
una prenotazione mezz’ora prima del passaggio e fermate per la
salita dei passeggeri fino a 400 metri da casa o dal lavoro. In
questo modo l’utilizzo dell’auto privata è stato praticamente
azzerato: Helsinki avrebbe abbassato il fabbisogno di auto necessarie
per gli spostamenti a un 4% rispetto alle attuali necessità,
l’inquinamento sarebbe abbattuto di quasi il 30% e gli
imbottigliamenti del 37%. A Lisbona invece la simulazione evidenzia
un crollo dello smog addirittura del 70%, dal momento che il traffico
su gomma è molto più alto rispetto a Helsinki.
Avvenire, lunedì 29
gennaio 2018
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