Non rispettava la parola
data, tardava nel liquidare i creditori ma, soprattutto, si muoveva a
proprio agio tanto sul proscenio, quanto nei retroscena del potere,
abile e capace come pochi di tessere la trama delle sue oscure e
continue manovre. Risponde a questo profilo, il Mazzarino
consegnatoci da certe cronache e dalla tradizione popolare. Cronache
e tradizione alimentate anche da Alexandre Dumas che di Mazarino
(nella variante con una sola «z») fa uno dei protagonisti di
Vent'anni dopo e del Visconte di Bragelonne, seconda e
terza «tappa» del suo Ciclo dei moschettieri.
Nato a Pescina, nei
pressi dell'Aquila, nel 1602, morto a Vincennes nel marzo
cinquantanove anni dopo, Mazzarino ricoprì - temutissimo - la carica
di Capo Ministro, sotto Luigi XIV. È in questa veste che gli vennero
attribuite le pagine, probabilmente apocrife, del Breviarium
politicorum scritto in latino di cancelleria, un «latinus
grossus» ma non per questo meno «vivo» e pubblicato (sempre col
beneficio del dubbio, soprattutto sul luogo) per la prima volta a
Colonia, nel 1684. Solitamente presentato ai lettori nella versione
del 1698, il Breviario dei politici secondo il Cardinal Mazzarino
(Nino Aragno editore, pagine 140, euro 12) appare ora, per la cura di
Serafino Balduzzi e con una nota di Umberto Eco, nell'edizione del
1723, la più completa.
Nella sua introduzione,
Balduzzi sottolinea come, benché comunemente ascritto alla «vasta
famiglia degli apocrifi, che si diffondono dopo la morte di celebri
personaggi», il libretto in questione possieda caratteristiche del
tutto insolite. Genesi e intenti del testo, infatti, «appaiono assai
più chiari a supporlo opera del cardinale, anziché di un ignoto
ammiratore-detrattore». Di certo, tutto si può supporre, tranne che
il Breviarium politicorum secundum rubricas Mazarinas (questo
il titolo completo dell'edizione a stampa del 1684) sia opera di un
volgare falsario. Quello che conta, suggerisce Balduzzi, è che
risuoni la voce la voce del Cardinale e, sia o non sia lui lo
scrivente, il suo punto di vista sia assunto senza il tono delle
cosiddette «mazzarinate», dove è invece è la voce dei suoi
detrattori a farsi sentire con più forza.
D'altra parte, l'opinione
generale che l'opera non possa che essere apocrifa si fonda - sempre
in via indiziaria - sul contrasto fra alcune massime e la concreta
condotta politica del personaggio storico di Mazzarino. Un'opinione a
dir poco ingenua, se si considera quanto l'incoerenza praticata per
fini strategici e la pratica del «particulare» facessero a maggior
ragione parte del profilo storico del Cardinale. A questo andrebbe
aggiunto quanto osservava Croce nella sua Storia dell'età barocca
in Italia, ovvero che «l'arte del simulare e del dissimulare,
dell'astuzia e dell'ipocrisia, era, per le condizioni illiberali
della società di allora, assai praticata, e forniva materia agli
innumerevoli trattati di politia e di prudenza».
Conosciuto, disprezzato o
apprezzato nelle traduzioni francesi che presero ben presto a
circolare, il Breviario si collocava - mantenendo però tratti
di originalità - in una scena culturale segnata e in qualche modo
preparata da altri due noti manualetti: L'oracolo manuale o arte
di prudenza di Baltasar Gracian e Della dissimulazione onesta
di Torquato Accetto. Ma né Gracian, né Accetto erano uomini di
potere. Mancava loro lo sguardo «tecnico» e forse anche cinico del
grande successore di Richelieu.
il manifesto, 16
settembre 2009
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