I piedi di un marine Usa sulla scalinata della Ziqqurat di Ur |
●●●Vedere Babilonia, una delle sette meraviglie del mondo, era il mio sogno quando arrivai per la prima volta in Iraq, nel dicembre del 1990, alla vigilia della prima guerra del Golfo. Babilonia però non corrispondeva più a quel sogno: nei millenni era stata distrutta e saccheggiata. Del resto non avevo già visto la porta di Ishtar ricostruita nel Pergamonmuseum di Berlino? Discutibile anche la ricostruzione di Babilonia voluta da Saddam, ma resta pur sempre il fascino di un luogo che ricorda la prima contaminazione delle culture e la nascita del primo codice legislativo, scritto proprio in questo luogo, dal re Hammurabi, di cui abbiamo trovato traccia nel museo di Tehran.
Un nuovo colpo alla cultura millenaria della Mesopotamia è stato inferto dalla seconda guerra del Golfo. Gli americani hanno costruito una pista di atterraggio che lambisce le rovine di Babilonia! In compenso l’Italia ha chiamato la missione militare «Antica Babilonia» e andando a occupare una zona ricca di petrolio, ma anche di archeologia, ha inviato un team per addestrare gli iracheni alla protezione dei siti, presi d’assalto dopo la caduta di Saddam.
Se grande sdegno ha suscitato il saccheggio del museo di Baghdad, i «tombaroli» di Ur hanno potuto agire indisturbati ed esportare i reperti attraverso la Giordania. In tutto il mondo, Italia compresa, sono arrivati i preziosi oggetti del museo.
Mi ricordo la lunga attesa al confine giordano quando, alla fine di aprile del 2003, molti dei giornalisti stranieri avevano lasciato Baghdad. Tutte le macchine venivano perquisite e spesso non inutilmente: tra i bagagli comparivano oggetti spariti dal museo. Anche alcuni militari italiani sono stati intercettati con reperti archeologici mentre si allontanavano dall’Iraq. Ma a riscattarci è il prezioso lavoro degli archeologi italiani sia nel museo di Baghdad che negli scavi di Ur.
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