Da Il sorriso dell'ignoto marinaio, il grande romanzo di Vincenzo Consolo un po' caduto nell'oblìo, recupero una paginetta descrittiva. Eccentricità (o policentrismo), attenzione alle minuzie e ai margini, edonismo linguistico rivelano una sensibilità barocca, ma risentono anche della lezione manzoniana (la vigna di Renzo per esempio). Forse le due cose sono meno lontane di quanto vorrebbe la vulgata scolastica, forse anche il Manzoni, romantico e realista, nella sua critica del Secentismo è un po' secentesco. (S.L.L.)
Cefalù nella secentesca pianta del Passafiume |
Per tutte le pareti v’erano armadi colmi di libri nuovi e vecchi, codici, incunaboli, che da lì straripavano e invadevano, a poli e sparsi, la scrivania , le poltrone, il pavimento. Sopra gli armadi, con una zampa, due, sopra tasselli o rami, fissi nelle pose più bizzarre, occhio di vetro pazzo, uccelli impagliati di Sicilia, delle Eolie e di Malta. Il cannocchiale e la sfera armillare. Dentro vetrine e teche, sul piano di tavolini e di consolle le cose più svariate: teste di marmo, mani, piedi e braccia; terre cotte, oboli, lucerne, piramidette, fuseruole, maschere, olle e scifi sani e smozzicati; medaglie e monete a profusione; conchiglie e gusci di lumache e chioccioline. Nei pochi spazi vuoti alle pareti, diplomi e quadri. In faccia alla scrivania, nel vuoto tra due armadi, era appeso il quadro del ritratto d'ignoto d'Antonello; sulla parete opposta, sopra la scrivania, dominava un grande quadro che era la copia, ingrandita e colorata, eseguita su commissione del barone dal pittore Bevelacqua, della pianta di Cefalù del Passafiume, che risale al tempo del seicento. La città era vista come dall'alto, dall'occhio di un uccello che vi plani, murata tutt'attorno verso il mare con quattro bastioni alle sue porte sormontati da bandiere sventolanti. Le piccole case, uguali e fitte come pecore dentro lo stazzo formato dal semicerchio delle mura verso il mare e dalla rocca dietro che chiudeva, erano tagliate a blocchi ben squadrati dalla strada Regale in trasversale e dalle strade verticali che dalle falde scendevano sul mare. Dominavano il gregge delle case come grandi pastori guardiani il Duomo e il Vescovado, l'Ostèrio Magno, la Badia di Santa Caterina e il Convento dei Domenicani. Nel porto fatto rizzo per il vento, si dondolavano galee feluche brigantini. Sul cielo si spiegava a onde, come orifiamma o controfiocco, un cartiglione, con sopra scritto CEPHALEDU SICILIAE URBS PLACENTIS SIMA. E sopra il cartiglio lo stemma ovale, in cornice a volute, tagliato per metà, in cui di sopra si vede re Ruggero che offre al Salvatore la fabbrica del Duomo e nella mezzania di sotto tre cefali lunghi disposti a stella che addentano al contempo una pagnotta.
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