15.2.13

Le corna di Panurge e l'interpretazione dei sogni (di Luigi Malerba)

L’articolo è la prima parte della recensione ad una antologia letteraria di sogni. (S.L.L.) 
C'è un capitolo del Gargantua di Rabelais in cui Panurge si presenta a Pantagruel e gli racconta il sogno che ha fatto durante la notte. In quel sogno Panurge ha al suo fianco una moglie giovane, piena di garbo, bellissima, che lo vezzeggia e, scherzando e folleggiando, gli infila due belle corna sopra la fronte. Nonostante le rimostranze di Panurge, la pazzerella gliele conficca ancora più saldamente sulla fronte e poco dopo, senza sapere come, Panurge si trova trasformato in tamburo e lei in civetta.
L' interpretazione di Pantagruel non si fa attendere: la giovane moglie di Panurge non esiterà a spassarsela con altri e a fare becco il marito. In quanto al tamburo, può significare che il povero Panurge sarà battuto come un tamburo e la moglie si comporterà, al pari della civetta, come una ladra (la civetta ha avuto per tutta l' antichità la stessa fama di ladra che ha la gazza). Il destino di Panurge sarà insomma quello di venire cornificato, bastonato, derubato.
Panurge non accetta questa interpretazione del suo sogno e ne propone un' altra del tutto opposta, ma altrettanto credibile di quella esposta da Pantagruel e fondata sullo stesso criterio delle analogie. Il matrimonio farà piovere sulla sua casa ogni sorta di beni dal corno dell' abbondanza, detto anche cornucopia. Se invece le corna saranno quelle del caprone, o del satiro, tanto meglio; perché vorrà dire, afferma Panurge, che avrà lo scatapocchio sempre dritto e instancabile come l'hanno i satiri. Quanto al tamburo, non può significare altro che festa, allegria, felicità. E la moglie avrà la grazia di una civetta domestica e fedele. Panurge insomma dimostra che i significati simbolici si possono addirittura capovolgere in una interpretazione del tutto opposta.
Con buona pace di tutta l'oniromanzia antica e moderna, questa satira di Rabelais sembra rimettere le cose al loro posto una volta per tutte. Il tentativo di dare un senso a ciò che appare totalmente insensato è probabilmente al centro del rapporto problematico che l'uomo intrattiene da antichi tempi con i propri sogni. Quasi mai ci si è preoccupati di esaminare la nuda immagine dei sogni, di osservarne la forma e la composizione, ma si è cercato sempre e soltanto di captarne i supposti messaggi attraverso simbologie fantasiose. Pure illudendoci di essere sceneggiatori e registi e naturalmente anche protagonisti dei sogni che facciamo, non siamo padroni della scena e dobbiamo subire ciò che ci porta la notte. Forse è per questa ragione che cerchiamo di vendicarci avanzando nei loro confronti molte pretese.
Da migliaia di anni il sognatore pretende che i sogni gli portino illuminazioni sul futuro, memorie dal passato e suggerimenti sul presente. Così i trattati sulle interpretazioni dei sogni attraversano tutte le culture, hanno colmato gli scaffali delle biblioteche, hanno turbato i risvegli dei sognatori e ne hanno spesso condizionato i comportamenti, fissando prospettive illusorie e codici arbitrari fondati sulla analogia o sulla difformità. La natura sfuggente e aleatoria del sogno e la perentoria invadenza con cui si presenta sul palcoscenico della psiche, hanno sollecitato in ogni tempo le fantasie interpretative, inscrivendo i sogni nell' area della comunicazione anziché assegnarli più ragionevolmente all' area ambigua, ma anche più affascinante, della espressione. Come conseguenza di questa presunzione il percorso da Artemidoro a Freud non ha segnato grandi progressi e non ci ha fornito strumenti attendibili di interpretazione: l'attivismo degli interpreti ha sempre goduto di ogni impunità, non teme smentite e si esibisce nelle esercitazioni più contraddittorie, come testimoniano quelle di Pantagruel e di Panurge.

“la Repubblica”, 16 febbraio 1988

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