28.2.13

La Bastiglia della Scienza. Prima durante e dopo (di Stefano De Rosa)

Lavoisier
Nonostante la presenza nella Rivoluzione francese di molti illustri scienziati, i rapporti dei Giacobini con la scienza furono improntati a ostilità. Richiamandosi alla filosofia di Jean Jacques Rousseau, essi consideravano i membri delle istituzioni scientifiche fondate dai re di Francia solo dei cortigiani privilegiati. La scienza, ai loro occhi, era una nuova forma di aristocrazia e l'eccellenza del genio scientifico una sorta di crimine contro gli ideali dell'eguaglianza; il tecnicismo scientifico era un velo ingiustificato interposto fra il popolo e la verità. L'immagine giacobina della scienza identificava quest'ultima con una subcultura aristocratica che continuava ingiustamente ad esistere in una società democratica e egualitaria.
Il rapporto intensamente conflittuale fra gicobinismo e spirito scientifico è stato uno dei punti di maggior interesse del discorso introduttivo di Paolo Rossi, presidente del Centro fiorentino di storia e filosofia della scienza, al convegno su La Rivoluzione francese e la scienza svoltosi a Firenze, presso l'Istituto Francese, il 22 e 23 maggio…
E' noto che i Lumi avevano favorito la crescita del sapere scientifico: Coulomb nei suoi fondamentali esperimenti sull'elettricità e Lavoisier, nei suoi attacchi all'antica teoria del flogisto e nell'enunciato di una nuova teoria del calore, avevano ricevuto uno stimolo preciso da una società ansiosa di rinnovamento. Si erano dilatati, come mai prima nel passato, i confini della fruizione sociale della scienza. Artigiani, insegnanti, professionisti, borghesi di buone letture, erano diventati espressione concreta di un'attenzione per il sapere da parte di nuovi soggetti sociali, come Galileo aveva preconizzato nel Salviati e nel Sagredo del Dialogo. Accanto al loro lavoro di ricerca gli scienziati avevano il pugnace gruppo dei philosophes. Come hanno ricordato Corsi, Bottazzini e Galluzzi esisteva un continuo travaso fra scoperte scientifiche e adeguamento del sapere filosofico. D'Alembert, in particolare, si assume il compito di dar vita a una storiografia della scienza i cui quadri fossero aggiornati ai tempi…
Il convegno ha messo in luce anche il modo in cui la Rivoluzione ordinò, materialmente, il mondo della ricerca scientifica.
Citando D'Alembert, Robespierre osservava che, pur avendo combattuto memorabili battaglie contro il clero, aveva pur sempre rinsaldato il potere del re, e le benemerenze acquistate durante l’Ancien Régime non potevano essere considerate valide nelle mutate condizioni. Si capisce bene pertanto come solo dopo il Termidoro e la caduta di Robespierre fu istituita una serie di grandi strutture scientifiche ed educative.
L'Institut de France, che ne era il culmine, fu fondato nel 1795, come 1'Ecole Normale e l’Ecole polytechnique. Ciò che cambiò radicalmente, e al convegno lo ha messo in luce Roger Hahn, fu la situazione degli scienziati. La ricerca si configurò, nelle nuove strutture educative e scientifiche, come una professione e un impiego a tempi pieno e retribuito al quale si accede dopo un periodo di formazione. All'Ecole polytechnique si entrava per concorso. Il curriculum aveva al centro l'insegnamento della matematica, seguito da quelli di fisica e di chimica. Agli scopi più strettamente professionali provvedevano, al termine del ciclo di studi, e dopo un finale, le écoles de application o di servizio pubblico dedicate ai ponti e alle strade, alle miniere, alla geografia, al genio militare, all'artiglieria, all'ingegneria navale. In questo senso mutò la domanda culturale rivolta alle Accademie.
Robert Fox, che ha studiato l'attività scientifica svolta dalle Accademie negli ultimi cinque anni dell'Ancien Régime e nei primi cinque successivi alla rivoluzione, ha osservato un progressivo mutare di indirizzi, un irrobustimento della spinta alla specializzazione del sapere. Fa eccezione solo la mirabile Accademia Linneiana di Bordeaux, isola di attento studio, impermeabile agli avvenimenti storici. Con Napoleone gli scienziati furono utilizzati per scopi politici e militari.
Il patrocinio offerto da Napoleone alla scienza fu oltremodo generoso. Mentre il regime napoleonico evolveva verso forme di autocrazia, la relativa indipendenza personale dell'uomo di scienza venne progressivamente ridotta. Quando, nel 1803, Napoleone impose una ristrutturazione all'Institut de France, se ne servì come di una copertura per ciò che veramente lo interessava: l'eliminazione della classe di scienze morali e politiche ove si annidavano gli ideologues, che erano i suoi critici più aspri e irriducibili.

Il ritaglio dell’articolo del “manifesto”, da cui ho desunto questo stralcio, è senza data, ma – come facilmente si desume – risale agli ultimi giorni del maggio 1989 o ai primi del mese successivo. (S.L.L.)

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