Riprendo qui da fb una nota dello storico Giuseppe Carlo Marino, tanto splendida nella scrittura quanto profonda nell'argomentazione. Lo spessore etico del suo giudizio ricorda quello che Gobetti formulò su Mussolini. E' difficile non condividere l'amarezza di Marino. (S.L.L.) Penso come si pensa quando si porta dentro l’anima, in solitudine, il malinconico sentire dell’autunno, attendendo l’inverno con il dubbio di avere davanti altre primavere. Mi compete una saggezza amara che è bene resti negata alla giovinezza. Da operaio della memoria, da sempre dedito ad un umile servizio di riflessione sul mio tempo, ho cercato di dividere quel che meritava una fatica di pensiero da quanto invece andava considerato banale, quasi inutile o superfluo. Per un attimo mi è apparso, al massimo dell’indegnità, quel Berlusconi cav. Silvio, con la sua figura ridicola e con la sua squallida avventura, fino all’estremo della banalità che dovrebbe farne ritenere scontata l’insignificanza per la grande Storia.
Ma è stato soltanto un attimo, e un errore di visuale. Perché, nonostante tutto, egli si è conquistato un posto di rilievo nella prospettiva degli interessi di studio di quanti, da storici, la storia italiana di questi anni la scriveranno. Sarà per loro comunque assai difficile capire come un personaggio del genere − la cui “opera politica” è del tutto immaginaria e inconsistente, se non per i larghi effetti di corruzione prodotti dalle sue fallimentari presunzioni − possa avere a lungo sedotto, così come ha sedotto e reso consenzienti, milioni di italiani. Questo equivarrà a riconoscere che, ben più dello stesso Berlusconi, erano diventati civilmente inconsistenti anche molti milioni di italiani? Lascio a chi legge la risposta, che per molti dovrebbe comportare una faticosa, e non scontata, autocritica. Ma c’è un argomento che oso affidare subito alla riflessione; se si vuole, con la “pietas” che compete appunto alla saggezza che dispera di nuove primavere.
Quel personaggio è un uomo ricco, ricchissimo, che ha avuto il massimo consentito dalla vita (con la forza dell’avventura , della spregiudicatezza, degli imbrogli e del malaffare) fino alla licenza di piegare le leggi ai suoi interessi, fino alla possibilità di comprarsi tutto: non solo le cose desiderate, ma anche le persone, le loro anime e i loro affetti (seppure affetti sempre molto dubbi e spesso squallidamente mercenari). E’, però, un uomo vecchio, sempre più vecchio e artefatto e artificiale, sul quale gravosamente incombe il diktat dell’anagrafe. Sensatamente presumo che vorrebbe essere immortale. Forse a volte si immagina che la sua sconfinata ricchezza l’immortalità dovrebbe assicurargliela. Ma non gliela assicura, com’è ovvio. E lui non si rassegna ed essendogli negata l’eternità, (dopo aver tentato di comprarsi l’immagine e le risorse virili di una perenne giovinezza plastificandola sulla sua maschera grottesca) si illude di riuscire a comprarsi il tempo stesso e non solo quello suo, ma anche quello di tutti, almeno nel suo Paese. Si illude di potersi comprare la Storia ed è lo scettro del potere a dargli l’illusione di possederla. Il potere gli serve per esorcizzare l’inesorabile avanzata della morte. C’è molta sofferenza, quasi un occulto senso di disperazione, nella sua testarda “lotta”.
Tutto sommato, credo, la storia si ricorderà di Berlusconi come di un personaggio tragico. Qualcuno mi obietterà subito: non semplicemente tragico, ma tragicomico. Potrei dargli in anticipo ragione, a condizione che siano riconosciuti come miserabili comparse di uno spettacolo tragicomico tutti quegli italiani (ancora da supporre molto numerosi) che non gli negano considerazione e consenso.
da fb 5 settembre 2013
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