7.9.13

La genesi del “dottor Zivago” (di Cesare G. De Michelis)

Boris Pasternak terminò Il dottor Zivago nell' estate del 1954; quell'anno, nel fascicolo di aprile, la rivista “Znàmja” aveva pubblicato una scelta delle poesie di Jurij Zivago, col titolo di Versi dal romanzo, e una breve presentazione dell' intreccio. Credo opportuno ricordare questo, non per la coincidenza banale, e probabilmente casuale, tra la riproposizione questa sera in Tv, RaiUno, del film che David Lean ne trasse nel 1965, e i trent'anni dal compimento del romanzo stesso; ma per suggerire a quei telespettatori che in qualche modo si riaccosteranno ai temi del celebre romanzo, di rapportarli non agli anni del "caso Pasternak" (tra il 1957 e il 1960, in piena èra kruscioviana), bensì a quelli in cui Pasternak compose il romanzo, tra il 1946 e il 1954, cioè nell'estremo periodo staliniano.
Come i lettori meno giovani ricorderanno, la vicenda della pubblicazione in Italia, nel novembre 1957, de Il dottor Zivago (fu il primo caso d'un romanzo d'autore sovietico vivente pubblicato all' estero) non costituì di per sé uno scandalo particolare. Certo, tra Mosca e Peredèlkino ci fu grande agitazione, si tentò tutto per riavere da Feltrinelli il manoscritto; ma a pubblicazione avvenuta, la stampa sovietica si limitò a ignorare lo scalpore suscitato in Occidente dal libro. Come ritorsione, svanì l'ultima speranza di vederne la pubblicazione in Urss - magari, opportunamente "tagliato" -; e una ponderosa raccolta dei versi di Pasternak subì la stessa sorte (da allora, per gli studiosi, è nota come Impaginato 1957).
Il vero "caso Pasternak" scoppiò solo un anno dopo, quando il 23 ottobre 1958 l'Accademia di Svezia conferì allo scrittore il premio Nobel per la letteratura, "per il ragguardevole contributo alla lirica contemporanea e alla grande tradizione dei prosatori russi". La storia e i retroscena di quei mesi hanno avuto numerosi testimoni e cronisti; forse la versione più dettagliata è quella che ce ne ha dato Olga Ivinskaja, compagna dello stesso Boris Leonidovic (e, almeno in parte, prototipo di Lara). A distanza di venticinqe anni, due circostanze meritano d'essere ricordate, come emblematiche di tutta la vicenda.
La prima: il principale accusatore pubblico di Pasternak fu quello stesso David Zaslavskij (1880-1965) che nel 1928 s'era distinto per l' attacco grossolano contro Osip Mandel'shtam, e che nel 1917 (quand'era menscevico) era stato definito da Lenin in persona "il noto calunniatore, signor Zaslavskij": un vero specialista del genere, con marchio d'origine autorevolmente garantito.
La seconda circostanza, sempre in tema di corsi e ricorsi: a Pasternak capitò con Krusciov un po' quello che era capitato a Mandel'shtam con Stalin. E' ben noto, se non altro dalle memorie della moglie Nadezhda, che all'epoca del primo arresto di Osip Emilevic ci fu una telefonata tra Stalin e Pasternak, il quale aveva intercesso per l'amico presso Bucharin; e che nel corso della storica telefonata, Stalin chiese a Pasternak (vedi lo strano potere, o suggestione, della Poesia, con la P maiuscola) se ritenesse Mandel'shtam "un vero artista, proprio un vero artista", ricevendone in risposta un freddino (ma intelligente) "questo non ha importanza". E' meno noto (e ce lo riferisce Roj Medvedev, nella sua biografia di Krusciov) che nel maggio 1959 Nikita Sergeevic chiese a Tvardovskij se fosse proprio vero che Pasternak era un così grande poeta. Tvardovskij, di rimando: "Lei mi ritiene un grande poeta?", e alla risposta affermativa di Krusciov, "Ecco", replicò Tvardovskij, "a paragone di Pasternak io non sono affatto un grande poeta".
Tragga ognuno le considerazioni che vuole da questi episodi; quel che volevo dire all' inizio è che non su questo va letto, e tanto più oggi, a un quarto di secolo di distanza, Il dottor Zivago. Gli anni in cui il romanzo venne scritto sono quelli, come dicevo, della fine dell' era staliniana. Ma anche questo non dice tutto: in realtà già negli anni Trenta Pasternak aveva cercato di scrivere "un romanzo di vita contemporanea" (i frammenti conservati sono stati pubblicati, da Feltrinelli, come Inizio d'un romanzo su Patrik). E quello stesso romanzo incompiuto degli anni Trenta si ricollega alle prose precedenti, giovanili, da Disamore (1918), a L'infanzia di Zhenja Ljuvers, a Racconto: luoghi, personaggi, situazioni che si inseguono da un testo all'altro, da un progetto narrativo al seguente. Sicché a ragione Pietro Zveteremich scriveva che "Jurij Zivago (è) il personaggio più amato, che insegue l' autore dal 1917 al 1954, riproponendosi in tutte le fasi della sua opera".
Un personaggio, come scrisse in una lettera privata lo stesso Pasternak, che, più che rifarsi a un prototipo individuale, "dovrà rappresentare qualcosa di intermedio tra me, Blok, Esenin e Majakovskij".
E' proprio la tessitura storico-fantasmatica a farci intendere che, al di là delle ovvie interferenze che una memoria privata può esercitare su un progetto letterario, non bisogna leggere un romanzo come Il dottor Zivago insistendo oltremisura sulla componente autobiografica; e, di conseguenza, non ha nemmeno senso proporsi il problema ideologico della "sovieticità" o meno del romanzo, perché esso rappresenta il frutto pieno e maturo, rivissuto da un'alta consapevolezza poetica, della vita e della riflessione d'un intellettuale la cui vicenda è stata segnata dall'esperienza storica dell' Ottobre.
Un'ultima cosa andrà ancora sottolineata; c'è stata, tra gli specialisti una lunga diatriba sulla legittimità o meno di distinguere un "primo" da un "secondo" Pasternak; la contrapposizione tra il poeta (degli anni Venti), e il romanziere (degli anni Quaranta), tra il Pasternak "difficile" e segnato dal clima della avanguardia, e quello che tende a una totale semplicità, non è di per sé infondata (tanto che la proponeva l'autore stesso): ma è semplicistico ridurla in termini cronologici, perché, come ho detto, lo stesso romanzo affonda le sue lontane origini nel Pasternak che scriveva Mia sorella, la vita, o Temi e variazioni.
E il film di David Lean, che c'entra in questo? Risponderò con un aneddoto: richiesta del perché Il dottor Zivago continuasse a non venir pubblicato in Urss, il ministro sovietico della cultura dell'epoca, signora Furtseva, rispose - si racconta - che non se ne avvertiva la necessità, trattandosi d'opera mediocre, "come del resto si può facilmente constatare dal melenso film che ne è stato tratto".


“la Repubblica”, 6 maggio 1984

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