Heinrich Caro, chimico tedesco (1834 - 1910) |
La scienza è molto umana, si
sviluppa tra zuffe di teorie contraddittorie, errori clamorosi, colpi
d'azzardo, intuizioni e risultati raggiunti come terni al lotto.
Superfluo richiamarsi al bagno di
Archimede o alla mela di Newton. Prendiamo pure scoperte più recenti come la radioattività
o i riflessi condizionati, due fenomeni diversissimi ma ugualmente fondamentali
nel modellare la vita dell'uomo contempoaneo.
Bene, dal 26 febbraio al primo
marzo del 1896 il cielo di Parigi rimane ostinatamente ricoperto di nuvole.
Mentre Henri Becquerel aveva assolutamente bisogno di belle giornate per
dimostrare che i sali d'uranio, resi fluorescenti dai raggi solari, emettevano
dei raggi X capaci di impressionare una pellicola fotografica chiusa in un
astuccio opaco (era un'idea assurda credere che fosse la fluorescenza a creare
i raggi X anziché il contrario). Becquerel attende invano una schiarita. Poi si
rassegna e chiude in un cassetto, vicinissimi, il suo campione d'uranio e l'astuccio
con la pellicola. Qualche giorno dopo riapre il cassetto e per controllare se
malgrado il pallido sole la luce dei giorni precedenti avesse
"stimolato" ugualmente l'uranio, sviluppa la pellicola,
svogliatamente, con magrissime speranze. Meraviglia: la pellicola è rimasta impressionata
perfettamente. E dopo altre esperienze Becquerel può concludere che la luce del
sole non ha niente a che vedere con la faccenda. La radioattività nasce così. E
anche Hiroshima.
Quanto ai riflessi condizionati,
scoperta dell'immortale Pavlov e dei suoi celeberrimi cani, la storia è andata
molto diversamente da come ci è stata consegnata dall'aneddotica liceale. In
realtà Pavlov stava studiando semplicemente, dal punto di vista meccanico, la
fisiologia della secrezione salivare. La psicologia non c'entrava affatto. Naturalmente,
quando le sue cavie scodinzolanti avevano fame, il professore suonava un campanello
perché il domestico portasse loro da mangiare. E così si accorse che, ogni
volta che suonava il campanello e entrava il domestico, con o senza cibo il riflesso
salivare delle bestie si metteva in funzione. Ne concluse che era effetto del
campanello. Ma quando convocò un gruppo di saggi colleghi per ripetere
l'esperimento fece una magra suonando a lungo e inutilmente. Aveva dimenticato
che oltre il campanello, occorreva anche l'ingresso del domestico...
Resta indiscutibile che il caso favorisce
le menti pronte a coglierlo al volo (…) «Cercate, cercate e troverete
qualcos'altro», scrive il chimico francese Jean Jacques, uno dei primi
scienziati a proporre di adottare nel linguaggio scientifico il termine inglese
di serendipity. Così come i principi
dell'isola fantastica di Serendip hanno la straordinaria facoltà di realizzare
le scoperte più incredibili, così gli scienziati sarebbero governati da una capacità
misteriosa di trarre profitto da circostanze fortuite. Un esempio di serenità?
Nel dicembre del 1868 il chimico tedesco Heinrich Caro uscito dal suo
laboratorio e dilungatosi a chiacchierare con un paio di colleghi, dimenticò
sul fuoco un alambicco che conteneva un intruglio per un esperimento già
semifallito. Quando rientrò, il composto
era ormai calcinato. Chiunque
l'avrebbe buttato via. Ma Caro, quasi per punirsi della sua sbadataggine,
analizzò quelle inutilissime ceneri. Era l'alizarina, un colorante rosso
destinato a fare le fortune delle Badische Anilin und Soda Fabrik e a riaffermare
il primato della chimica industriale tedesca nel mondo.
Postilla
Il testo proviene da un’ampia scheda
firmata c.s., pubblicata sul settimanale “Pagina” nell’anno 1982. Nel ritaglio
che posseggo mancano più precise indicazioni di data.
Nessun commento:
Posta un commento