6.9.13

Scienziati in Sicilia. Una nota di Leonardo Sciascia

Quirino Majorana (1871-1957)
In una pagina de La scomparsa di Majorana Sciascia lasciò sfuggire alla sua penna una affermazione che a lui stesso dovette apparire subito troppo categorica:
Nato in questa Sicilia che per più di due millenni non aveva dato uno scienziato, in cui l'assenza se non il rifiuto della scienza era diventata forma di vita, il suo essere scienziato era già come una dissonanza.
Non volle cancellarla, ma cercò di precisarne la portata. Ne venne una nota a fondo pagina che è un piccolo capolavoro: tra lo storico, l’erudito e l’aneddotico. 
Ovviamente, l'affermazione non vuole essere apodittica nel senso che in Sicilia per più di due millenni non è venuto fuori uno scienziato perché i siciliani sono negati alla scienza. Una simile affermazione da parte nostra sempre presuppone delle ragioni storiche: e tra queste la presenza - più lunga, più continua, più invadente e capillare che in altre regioni d'Italia - dell'Inquisizione, dell'Inquisizione spagnola. Ragione per cui anche la Spagna può, per luogo comune, essere considerata un paese negato alla scienza. Altrettanto ovviamente, non si vuol dire che in Sicilia, da Archimede a Majorana, proprio nessuno si sia dedicato alla scienza. C'è stato un Maurolico; ci sono stati Bernardino d'Ucria e il Bottone, botanici; c'è stato il Campailla, filosofo e sperimentatore; l'Ingrassia, notomista; il Cannizzaro, chimico. Precedenti immediati a Ettore Majorana si possono poi considerare la «scuola matematica di Palermo» e - precedente anche familiare - il fisico Quirino Majorana. Il quale, professore all'Università di Bologna, per tutta la vita si adoperò a dimostrare fallace la teoria della relatività, senza mai riuscirvi e onestamente riconoscendo di non riuscirvi: il che non gli impediva di continuare ostinatamente a combatterla. Un caso che ci sembra «molto siciliano». E saremmo curiosi di sapere quali fossero i rapporti, quali le discussioni in ordine alla teoria della relatività, tra zio e nipote: tra Ettore che ci credeva e Quirino che rifiutava di accettarla.

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