1.9.13

Zona. Una poesia di Guillaume Apollinaire


Parigi, 1913. L'ultimo mezzo pubblico di trasporto a trazione animale
Alla fine sei stanco di questo mondo antico

Pastora o Torre Eiffel stamani i tuoi ponti belano

Ne hai abbastanza di vivere nell'età greca e romana

Perfino le automobili qui sembrano antiche
Nuova nuova è rimasta soltanto la religione
Semplice come gli hangar di Porto Aviazione

Tu solo o Cristianesimo non sei antico in Europa
L'europeo più moderno siete voi Papa Pio X
E tu se non entri in chiesa stamani a confessarti
È perché le finestre t'osservano e ti vergogni
Leggi i volantini i cataloghi i manifesti che cantano a voce alta
Ecco la poesia stamani e per la prosa ci sono i giornali
Ci sono le dispense da 25 centesimi piene d'avventure poliziesche
Ritratti di grandi uomini e mille titoli diversi

Ho visto stamani una simpatica via il nome non lo ricordo
Nuova e pulita era la tromba del sole
I dirigenti gli operai e le belle stenodattilografe
Dal lunedì mattina al sabato sera quattro volte al giorno ci passano
Al mattino per tre volte la sirena vi alza il suo lamento
Una campana rabbiosa vi abbaia verso mezzodì
Le scritte delle insegne e sui muri
Le targhe gli avvisi schiamazzano come pappagalli
Mi piace la grazia di questa via industriale
Qui a Parigi fra Rue Aumont- Thiéville e l'Avenue des Ternes

Eccola la giovane via e tu sei ancora un piccino nulla più
Che la mamma veste soltanto di bianco e di blu
Sei molto devoto e col tuo più vecchio compagno René Dalize
Nulla ti attrae tanto quanto le pompe della Chiesa
Sono le nove il gas è abbassato tutto blu di nascosto uscite dal dormitorio
Pregate tutta la notte nell'oratorio
Mentre eterna e adorabile profondità ametista
Gira in perpetuo la sfavillante aureola del Crocifisso
È il bel giglio che tutti noi coltiviamo
È la torcia rossochiomata che il vento non spenge
È il figlio bianco e vermiglio della madre dolorosa
È l'albero sempre folto di tutte le preghiere
È la doppia forca dell'onore e dell'eternità
È la stella a sei branche
È Dio che muore il venerdì e risuscita la domenica
È Cristo che sale in cielo meglio d'un aviatore
Del primato mondiale d'altezza è lui il detentore

Pupilla Cristo dell'occhio
Ventesima pupilla dei secoli questo secolo
Ci sa fare e mutato in uccello come Gesù in aria sale
I diavoli negli abissi alzano il capo a guardare
Dicono che imita Simon Mago in Giudea
Gridano se sa rubar gli spazi di ladro abbia nomea
Gli angeli intorno al bel volteggiatore volteggiano
Icaro Enoch Elia Apollonio di Tiana
Intorno al primo aeroplano aleggiano
Si scansano a tratti per lasciare il passo a tutti i trascinati dalla Santa Eucarestia
I preti che eternamente salgono elevando l'ostia

L'aeroplano si posa infine senza richiudere le ali
Il cielo si riempie allora di milioni di rondini
Ad ali spiegate giungono i corvi i falchi i gufi
Dall' Africa arrivano gli ibis i fenicotteri i marabù
L'uccello Roc celebrato da favolisti e poeti
Si libra stringendo fra gli artigli il cranio d'Adamo la prima testa
L'aquila piomba dall'orizzonte lanciando un grande strido
E dall' America viene il piccolo colibrì
Dalla Cina son giunti i pihi lunghi e agili
Che hanno un'ala sola e volano a coppie
Poi ecco la colomba spirito immacolato
Scortata dall'uccello lira e dal pavone occhiato
La fenice rogo che da sé si genera
Per un attimo vela tutto con la sua ardente cenere
Le sirene lasciati i pericolosi stretti !
Arrivano cantando tutte e tre bellamente
E tutti aquila fenice e pihi della Cina
Fraternizzano con la volante macchina

Ora te ne vai per Parigi solo solo tra la folla
Mandrie d'autobus muggenti ti passano accanto di corsa
L'angoscia dell'amore nella tua gola è una morsa
Come se mai più tu dovessi essere amato
In altri tempi in monastero saresti entrato
Ti vergogni se ti sorprendi a recitare una preghiera
Ti sfotti e il tuo riso crepita come il fuoco infernale
Le faville di quel riso dorano il fondo della tua vita
È un quadro appeso in un buio museo
E a volte t'avvicini per meglio vederlo
Oggi te ne vai per Parigi le donne sono bagnate di sangue
Era e vorrei non ricordarmene al declino della bellezza

Circondata di fervide fiamme Nostra Signora m'ha guardato a Chartres
Il sangue del vostro Sacro Cuore m'ha inondato a Montmartre
Mi ammalano le parole di beatitudine
L'amore che mi tormenta è una malattia vergognosa
E l'immagine che ti possiede ti fa sopravvivere nell'insonnia e nello sgomento
Quest'immagine che passa non ti abbandona un momento
Ora sei in riva al Mediterraneo
Sotto i limoni tutto l'anno in fiore
Coi tuoi amici te ne vai in giro in canotto
Uno è mentonasco ci sono due turbiaschi un nizzotto
Guardiamo nelle profondità i polpi con terrore
E i pesci nuotano fra le alghe immagini del Salvatore

Sei nel giardino d'una locanda nei dintorni di Praga
Ti senti tutto felice una rosa è sulla tavola
E osservi invece di scrivere il tuo racconto in prosa
La cetonia che dorme nel cuor della rosa

Ti sei visto disegnato nelle agate di San Vito
Eri triste da morire ne sei rimasto atterrito
Somigli al Lazzaro sconvolto dalla luce
L'orologio del quartiere ebreo muove le lancette all'indietro
E anche tu nella tua vita vai lentamente arretrando
Salendo sul Hradcany e la sera ascoltando
Cantare nelle taverne canzoni ceche

Eccoti a Marsiglia in mezzo alle pateche

Eccoti a Coblenza all'Hotel del Gigante

Eccoti a Roma seduto sotto un nespolo del Giappone

Eccoti ad Arnsterdam con una ragazza che trovi bella ed è brutta
Deve sposarsi con uno studente di Leida
Vi si affittano camere in latino Cubicula locanda
Me ne ricordo ci passai tre giorni e altrettanti a Gouda

Eccoti a Parigi dal giudice istruttore
Sei dichiarato in arresto come un malfattore

Hai fatto dolorosi e gioiosi viaggi
Prima d'accorgerti della menzogna e dell'età
Hai sofferto d'amore a venti e a trent'anni
Son vissuto da folle e ho perso il mio tempo
Non osi più guardarti le mani e ogni momento io mi metterei a singhiozzare
Su te su quella che amo su tutto ciò che t'ha spaventato

Con occhi pieni di lacrime guardi i poveri emigranti
Credono in Dio pregano le donne allattano fantolini
Riempiono del loro afrore l'atrio della stazione di Saint-Lazare
Confidano nella loro stella come i re magi
Sperano di guadagnar soldi in Argentina
E di tornare al paese fatta fortuna
Una famiglia si trascina un piumino rosso come voi il cuore
Quel piumino e i nostri sogni sono altrettanto irreali
Alcuni si fermano qua e vanno ad abitare
In Rue des Rosiers o in Rue des Écouffes in catapecchie
Li ho visti spesso di sera prendono una boccata d'aria per la strada
E di rado si spostano come i pezzi degli scacchi
Ci sono soprattutto ebrei le mogli hanno la parrucca
Se ne stanno sedute esangui in fondo alla botteguccia

Sei al banco d'un bar tra i più malfamati
Prendi un caffè da due soldi in mezzo agli sventurati

Sei di notte in un gran ristorante

Queste donne non sono cattive hanno i loro pensieri ciò nonostante
Anche la più brutta ha fatto soffrire il suo amante

Suo padre è di Jersey nelle guardie giurate

Le mani che non le avevo visto son dure e screpolate

Provo un'immensa pietà per il suo ventre cucito

Umilio ora la mia bocca su una povera ragazza dall'orrendo riso

Sei solo sta per arrivare il mattino
I bidoni del latte tintinnano nelle vie
La notte s'allontana come una bella meticcia
È Ferdine la falsa o Léa la premurosa
E tu bevi quest' alcool che brucia come la tua vita
La tua vita che bevi come un'acquavite

Cammini verso Auteuil vuoi andare a casa a piedi
A dormire fra i tuoi feticci d'Oceania e di Guinea
Sono Cristi d'altra forma e d'altra credenza
Sono i Cristi inferiori delle oscure speranze

Addio Addio

Sole collo mozzo

Zone (del dicembre 1913) apre la raccolta Alcools. La traduzione, con qualche aggiustamento mio, è ripresa da http://www.poesie.reportonline.it/ . 
Per notizie sulla poesia vedi http://salvatoreloleggio.blogspot.it/2013/08/cendrars-vs-apollinaire-new-york-parigi.html 

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