13.5.19

Il Liceo Empedocle di Agrigento. La scuola degli scrittori da Pirandello a Camilleri (Tano Gullo)



AGRIGENTO
Avreste mai immaginato che Luigi Pirandello fosse poco brillante in italiano e addirittura somaro in latino? Un cinque e un tre nel primo bimestre, prontamente riscattati con due otto nell'esame autunnale di riparazione, dimostrano la personalità complessa dello scrittore, futuro premio Nobel. Siamo nel 1879 al liceo classico Scinà di Agrigento, che sarà ribattezzato Empedocle nel 1901, e questo è tipicamente pirandelliano. Così come l'approdo dello scrittore nella scuola. Il giovane Pirandello, empedoclino nato per sbaglio in territorio agrigentino nel 1862, era stato iscritto dal padre Stefano, fervente garibaldino, all'istituto professionale. Aveva bisogno di un contabile per la sua attività di commerciante di zolfo e non aveva voluto sentire ragione. Ma Luigi, che odiava i numeri, con la complicità dello zio paterno Innocenzo Ricci Gramitto, garibaldino della prima ora anche lui, si iscrisse allo Scinà all'insaputa del padre. Nel registro di accettazione è annotato: «Raccomandato dal signor professore Gramitto», appunto lo zio che di quella scuola era docente. Tra i suoi compagni di classe, terza A, Empedocle Mirabile, che sarebbe diventato un insigne giurista e Edoardo Sclafani, futuro sindaco di Agrigento. L'amico del cuore era Antonio Gubernatis che negli anni successivi gli avrebbe raccontato le vicende pirandelliane dell'agrigentino, fonte di ispirazione per lo scrittore. Il più bravo della classe però era Giuseppe Sala, tutti dieci e due «nei», un nove in italiano scritto e un otto in latino. Ma tra gli agrigentini illustri non c'è traccia di lui. A dimostrazione che scuola e vita non sempre vanno a braccetto.
Il curatore dell'archivio della scuola, «ammassato» in una stanza angusta, è Biagio Milano, insegnante di educazione fisica con la passione per la storia. Il professore consulta i registri con la solennità di un sacerdote. Tira fuori una pagella dopo l'altra: ecco quella di Andrea Camilleri, tutti sei e due sette: italiano e cultura militare. Ecco quella dei generale Carlo Alberto dalla Chiesa: tutti sei e un solo sette in italiano. Ecco quella di Michele Guardì, Re Mida della televisione, regista di grido: 4 in matematica e chimica e sufficienza stiracchiata nelle altre materie. «Con i numeri ero una bestia - ricorda Guardì - Sono riuscito a maturarmi solo perché all'esame mi hanno chiesto un'espressione che un secondo prima di sedermi davanti alla commissione mi aveva spiegato il mio compagno Pietro Attard, altrimenti sarei ancora tra i banchi». «Ricordo il mio liceo con grande nostalgia - continua - erano anni bellissimi, di rispetto e sentimenti. C'era il preside Cecè Sanvito, un uomo impenetrabile che si scioglieva di fronte a ogni forma di sofferenza umana. Aveva un debole per i fuori sede e per chiunque avesse problemi familiari. Le gite scolastiche erano un momento in cui si annullavano le distanze. Una volta a Erice ballai con la professoressa Del Bosco, di matematica, al suono della chitarra suonata da un mio compagno. Erano anni in cui la scuola cominciava a cambiare e gli studenti diventavano via via soggetti attivi». Quando Enzo Lauretta, docente e scrittore di successo, spiegava Pirandello, faceva affacciare gli studenti dalla finestra e indicava il pino del Caos. «Per noi Pirandello, oltre a essere un Nobel, era uno di famiglia». Guardì, già allora aveva deciso che da grande avrebbe fatto televisione. «Quando il fratello della mia professoressa di filosofia, La Rosa - dice - diventò campione di "Campanile sera" rappresentando Monreale, per me fu una emozione fortissima».
Sono tanti gli uomini illustri maturati all' Empedocle Scinà dal 1861, anno di fondazione. Lo storico Biagio Milano, tra l'altro parente alla lontana di Pirandello, fa un elenco lunghissimo: Nicolò Gallo, ministro della Pubblica istruzione, Giuseppe Lauricella, grande matematico, Libertino Alaimo, antifascista fondatore del giornale satirico "La scopa", Gaspare Ambrosini, presidente della Corte costituzionale, Salvatore Vita, banchiere in Germania, Corrado Carnevale, discusso giudice della Cassazione, la cui madre insegnò nella stessa scuola, Enzo Di Pisa, musicista e uomo di teatro. E poi, una sfilza di politici, Totò Cuffaro, Luigi Giglia, ex ministro, Enrico La Loggia, ministro, Ippolito Onorio De Luca, senatore, Giuseppe Sinesio. Milano ci accompagna in due stanze segrete: il laboratorio di chimica, pieno di strumenti antichi, tenuti in efficienza dall'assistente tecnico Francesco Giambrone, e il museo delle scienze naturali con centinaia di animali impagliati nel 1880: tra le curiosità, un gigantesco orso e un ornitorinco. La stanza del preside, luminosissima, si affaccia sul panorama «più bello del mondo»: a destra Porto Empedocle, a sinistra i templi, davanti il mare africano. «Il nostro è un liceo classico tradizionale - dice Giuseppe Patti, da cinque anni a capo dell'istituto - Abbiamo apportato qualche aggiustamento inserendo lo studio del diritto e ricorrendo a esperti esterni per l'insegnamento delle lingue al ginnasio. Ai ragazzi del liceo diamo l'opportunità di frequentare corsi pomeridiani di lingue col pagamento di un piccolo contributo, indispensabile per evitare l'assenteismo».
Gli studenti sono contenti della loro scuola, ma la vorrebbero più innovativa. «Al liceo le lingue e l'informatica non sono contemplate nel piano di studi - dice Vincenzo Cuffaro, terza C, rappresentante degli studenti, e Mario Baldacchino, terza G - e questo oggi è penalizzante per gli sbocchi lavorativi». A Lucia Riggio, invece, sta bene l'apertura al diritto: «Tanto le lingue - dice - le posso studiare per i fatti miei». Lillo Sciortino, di filosofia, è uno dei docenti storici: «Oggi gli studenti sono poco impegnati. Nel Sessantotto, invece, esprimevano un grande spirito critico che da sempre contraddistingue il nostro istituto. Non bisogna dimenticare che sorse in contrapposizione con il seminario vescovile. Primo preside infatti fu Gaetano Gallo, uno spretato».
A Porto Empedocle vivono Pepè Fiorentino e Fofò Gallo, poeta e scrittore, amici di sempre di Camilleri. Ricordano le irrequietezze giovanili e i fervori letterari del creatore di Montalbano. «Eravamo abbastanza vivaci, però pervasi da grandi furori artistici e letterari. La casa di Camilleri era una sorta di salotto dove passavamo giornate intere a parlare di cinema, teatro e letteratura. Andrea, che era il più curioso tra noi, ci trascinava a teatro: una volta venne Strehler a Porto Empedocle e gli spettatori eravamo in 15, solo il nostro gruppo di amici». E poi il via vai sulla littorina e le lunghe giornate a zonzo quando marinavano le lezioni. «Anche quando facevo il pendolare a bordo di sgangherate corriere - racconta l'empedoclino Antonio Martorana, oggi preside al Garibaldi di Palermo - al passaggio a livello scendevamo facevamo man bassa di limoni e poi ce li tiravamo addosso. Ma erano altri tempi».

"la Repubblica", 16 gennaio 2002

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