Forse bisogna dirlo con
più chiarezza. Il razzismo del ministro Salvini e della sua Lega non
consiste solo nel tentativo di fermare l'ingresso nel nostro paese di
profughi e migranti con mezzi che mostrano un totale disprezzo delle
vite umane, ma anche, e ancor più, nelle politiche di
discriminazione contro gli immigrati, anche regolari, praticato a
tutti i livelli: dagli ostacoli all'ottenimento della cittadinanza
alle politiche sociali (il "prima gli italiani" - e non
"prima chi ha più bisogno" - significa spesso "solo
gli italiani da tre generazioni") in tutti i campi
dell'assistenza. Ad esse si accompagna una generalizzata e
organizzata criminalizzazione degli immigrati, considerati ladri,
rapinatori, stupratori, magnaccia, vagabondi o - nella migliore delle
ipotesi - parassiti. Tutti criminali, insomma, effettivi o
potenziali. E senza nessuna differenza tra regolari, irregolari,
"ospiti" dei Centri in attesa di regolarizzazione o
espulsione.
È nelle cose che una
condizione permanente di irregolarità favorisca una contiguità con
la delinquenza ed è nelle cose che le grandi organizzazioni
criminali nazionali e internazionali approfittino della situazione,
utilizzando gli immigrati irregolari come manovalanza del crimine. Il
razzismo sta nel connettere questa situazione contingente a
caratteristiche razziali, etniche, religiose e culturali.
Il Salvini si presenta
come un "padre di famiglia" che difende la sicurezza e il
benessere dei suoi dalle intrusioni illecite e dichiara di
considerare assurdi e surreali i paragoni con il nazismo, le leggi
razziali etc. Può farlo anche perché l'ignoranza della storia o una
sua conoscenza superficiale impediscono ai più di vedere l'analogia
profonda tra la propaganda hitleriana antisemita e quella dei
leghisti e dei loro alleati.
La "purezza della
razza ariana" ed altre disgustose teorie vigenti nelle
organizzazioni del partito nazionalsocialista e diffuse nelle scuole
e nelle università erano solo un aspetto della propaganda nazista;
ma ce n'era un altro, più subdolo e probabilmente più efficace,
quello secondo cui "gli ebrei ci rubano il lavoro, le case,
l'assistenza, con la protezione dei socialisti e degli umanitari, ci
fanno concorrenza sleale nei commerci e negli affari, sono dei
parassiti, non sono come noi". Di questa propaganda spicciola,
di questo veleno quotidiano ci sono tantissimi documenti nella
pubblicistica dei nazisti, come pure nei discorsi di Hitler e degli
altri gerarchi fin dagli anni 20, quando ancora non governavano e non
erano in grado di organizzare politiche di discriminazione e
persecuzione.
Furono codesti discorsi
da "padri di famiglia" a diffondere l'odio, a preparare le
coscienze alle leggi razziali, alle discriminazioni, alle violenze,
alle persecuzioni, alla stessa "soluzione finale". In molti
tedeschi c'era la convinzione che quelle misure e quelle politiche,
fossero giustificate, perché erano "loro", gli ebrei, i
cattivi, gli invasori, i portatori di delinquenza e di disordine, gli
agenti dello straniero, i parassiti e gli usurai, quelli che
toglievano spazio, lavoro e risorse ai "buoni tedeschi".
Lo studio di quella
storia aiuta al capire il presente. Forse per questo cercano di
impedirlo.
Stato di fb, 24 maggio
2019
Nessun commento:
Posta un commento