TORINO
«Adesso che mi sono
lasciata alle spalle questa storia, non voglio più saperne nulla di
discoteche, locali, pr o ragazza immagine. Cerco solo un lavoro
normale». A parlare è una delle giovani finita nell'inchiesta. «È
vero che ho accettato io di fare certe cose, ma so che c'è chi ha
guadagnato tanto sul mio lavoro. La gente penserà che io sia una
ragazza facile, invece per me non è stato facile fare quella vita».
Come si entra nel
giro?
«Per soldi. Ma non per
le borse o gli abiti firmati. Io vivo con i miei nonni, che hanno una
pensione minima. Io lo vedevo che per loro tante volte era un
problema anche fare la spesa e volevo contribuire».
Quanti anni aveva?
«Ho iniziato tre anni
fa, ne avevo 17.
A 16 anni lavoravo come
pr in una discoteca per ragazzi, ma era un'altra cosa. È stato
l'anno dopo che ho conosciuto la persona che mi ha introdotta nei
locali».
Non era un problema
che lei fosse minorenne?
«Se me lo avessero
chiesto, avrei dovuto dire che ero maggiorenne.
Ma lui diceva che i
titolari non mi avrebbero chiesto i documenti perché si fidavano. E
comunque a me mancava solo un mese ai 18 anni. Invece a una ragazza
più piccola, di 16 anni, hanno proposto di trattenerle i soldi che
le dovevano per procurarle dei documenti falsi».
Aveva mai pensato a
quel lavoro?
«Assolutamente no. Anzi,
avevo conosciuto una ragazza che mi aveva raccontato di fare la
cameriera in un "ristorante sexy", così lo chiamava lei.
Doveva servire ai tavoli e fare uno strip-tease. A me faceva schifo,
io pensavo che non sarei mai andata in un posto del genere».
E invece?
«E invece una persona mi
ha chiesto se volevo lavorare come ragazza immagine in un locale.
Diceva che non era un night, dicono sempre così, ma c'era il palo, i
divanetti e c'erano solo uomini: cosa doveva essere? Mi dava 40 euro,
dovevo solo ballare con top e pantaloncini.
Ero imbarazzatissima,
pensavo che non sarei rimasta».
E ha solo ballato?
«Per un paio di mesi sì,
vedevo le altre ragazze che si sedevano sulle gambe dei clienti. Io
no, al massimo parlavo. La gente mi diceva: "Ma che ci fai
qui?". Anche le altre ragazze dicevano che ero troppo vestita.
Molte di loro facevano uso di droghe, anche pesantemente. Dopo che si
facevano le vedevo più spinte, disinibite. Forse era l'unico modo
che avevano per sopportare quel lavoro».
Cosa diceva il
titolare?
«Di prendermi il mio
tempo, a modo suo era una brava persona, mentre ne ho conosciuti di
terribili. A me le cose andavano bene così, il locale andava alla
grande, lavoravo dalle otto di sera a mezzanotte, dal martedì al
sabato. Prendevo 200 euro a settimana, a me bastavano, le cose
andavano nel verso giusto».
Però?
«Ero stanchissima e ho
fatto la cavolata di smettere di andare a scuola. E comunque sapevo
che non potevo continuare a non fare niente. In più il locale ha
chiuso e ci siamo spostati in un altro: c'erano vasche idromassaggio
e salette per i privé. È stato chiaro che avrei dovuto avere
rapporti con i clienti, altrimenti avrei perso il lavoro. Ed ero
terrorizzata».
Quanto si guadagnava?
«Per ogni rapporto erano
130 euro, ma 30 andavano all'intermediario che mi aveva portato. Però
poi c'erano gli addii al celibato: con le collette si facevano un
sacco di soldi. E soprattutto molte ragazze andavano con i clienti
fuori: era lì che venivano pagate tantissimo, anche 4 mila euro per
un fine settimana in barca a Montecarlo».
Chi erano i clienti?
«C'era di tutto, ma io
non andavo con chiunque. Piuttosto non guadagnavo tanto ma non andavo
per esempio con quelli di una certa età. Ma ho subito capito che
c'era anche un giro di persone importanti che però non passavano dal
locale. C'erano ragazze che infatti uscivano prima per andare con
loro. A me è stato proposto molte volte, ma non era una cosa che mi
piacesse. Non mi sentivo tanto sicura».
Mai avuto paura?
«Una volta mi sono
infastidita perché avevano lasciato il mio numero per incontrare uno
fuori che si è rivelato uno stalker».
Ha mai temuto che
qualcuno scoprisse il suo lavoro?
«È stato difficile
mentire agli amici, ma i titolari mi dicevano che difficilmente avrei
incontrato qualcuno che conoscevo perché io abitavo abbastanza
vicina, mentre i clienti vanno nei night lontano da casa».
“la Repubblica”, 26
marzo 2018
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