In sintonia con alcune
nuove definizioni post-politiche dei soggetti sociali (soprattutto
giovani studenti, operai e precari) protagonisti della contestazione
globale contemporanea, vale a dire gli occupy, gli indignados, i
disobbedienti ecc... il bel libro dedicato da Luigi Barletta a Ugo
Gregoretti rilancia la categoria dello «scostumato». Il titolo del
volume, che sarà presentato il 23 gennaio a Napoli presso la
libreria Guida con Gregoretti, Barletta, Nello Mascia e Pasquale
Scialò, è infatti Scritti scostumati (Alfredo Guida Editore,
pp. 184, Euro 14) e rende con maggiore efficacia l'essenza di un
grande uomo di spettacolo e intellettuale italiano «politicamente
scorretto» ante litteram (ma il concetto di correttezza e
scorrettezza politica è diventato nel tempo abusato, ambiguo,
fuorviante, moralista e manicheo).
Il libro, che ha la
prefazione di Andrea Camilleri e la postfazione di Pasquale Scialò,
direttore della collana «Identità sonore», raccoglie appunto gli
scritti di Gregoretti (il sottotitolo è «per uno zibaldone
gregorettiano») in un arco di circa 40 anni. Si tratta di scritti di
vario genere (note di regia, lettere, articoli, prefazioni,
presentazioni, testi d'autore per la radio, la televisione e il
cinema, ricordi, commemorazioni) che consentono diripercorrere la
lunga carriera artistica di Gregoretti, indissolubilmente legata alle
vicende del nostro Paese. Non è stato facile selezionare gli scritti
fra la miriade di brillanti ed eclettici elaborati di un personaggio
vulcanico e prolifico, come sottolinea nell'introduzione lo stesso
curatore Barletta, giovane docente universitario napoletano che sul
regista aveva già realizzato il documentario Il favoloso mondo di
G. Il cinema di Ugo Gregoretti: «Incentrare un testo sulla
figura di Ugo Gregoretti impone un problema preliminare. È
necessario in prima istanza decidere quale delle mille sfaccettature
di questo poliedrico personaggio, unico nel panorama culturale
italiano, si voglia affrontare: il giornalista e impiegato Rai,
l'autore, regista e attore cinematografico, l'autore, regista e
presentatore radiotelevisivo, il regista teatrale, di prosa e lirico,
il politico, il presidente dell'Anac, l'ex presidente dell'Accademia
Nazionale d'Arte Drammatica, il direttore delTeatro Stabile di Torino
nonché fondatore e direttore artistico della rassegna teatrale
“Benevento città spettacolo” e in ultimo il Gregoretti
romanziere con la sua esilarante autobiografia Finale aperto. Vita
scritta da se stesso. Obiettivo di questo libro è riuscire a
offrire una panoramica su tutti questi aspetti.
Il filo rosso che lega
gli scritti raccolti è senza dubbio l'irresistibile carica ironica
che ha rappresentato da sempre la cifra stilistica dell'autore. Egli
assume l'umorismo sia come categoria ermeneutica sia come chiave
espressiva dell'intera sua produzione, artistica e non».
Naturalmente Gregoretti è
stato uno «scostumato» alla maniera sua, la sua scostumatezza non
ha nulla di rozzo e poco educato perché ha sempre espresso il suo
dissenso, le sue critiche, la sua condizione di non-riconciliato con
garbo, leggerezza, eleganza, come precisa Camilleri: «Ugo possiede
in sommo grado quello che nel Settecento francese era chiamato ésprit
de finesse. Un misto di ironia, distacco, eleganza,
raffinatezza».
Lo zibaldone organizzato
in sette capitoli, (non) Note di regia, Il teatrino di casa
Gregoretti, La vis polemica, Lettere, articoli,
prefazioni e presentazioni, Radio, televisione e cinema,
Ricordi e commemorazioni, Scritti impossibili),
restituisce la statura professionale, l'eclettismo, la genialità, la
destabilizzante ironia di un uomo di spettacolo a tutto campo, che si
è misurato con le più diverse forme espressive (dalle inchieste
giornalistiche alle messe in scena operistiche, dai primi esperimenti
di docufiction agli sceneggiati televisivi) sempre con una
forte carica innovativa e anticonformista, che ha rivoluzionato il
linguaggio televisivo con programmi come Controfagotto (il suo
esordio nel 1961) e Sottotraccia, ma anche la coerenza e la
tensione morale di un intellettuale raffinato, di un autore capace di
intelligenti provocazioni culturali che ha pagato la non appartenenza
ad alcuna lobby dello spettacolo e la militanza comunista senza
piegarsi di fronte alle numerose difficoltà artistiche, economiche e
censorie, che ha affrontato con distacco, serenità e autoironia le
censure, i veti, i boicottaggi, gli allontanamenti dalla direzione
dei teatri, dalla Rai, il prolungato esilio dal mondo
cinematografico. Qualunque sia l'argomento trattato, gli scritti
gregorettiani risucchiano in una piacevole lettura e fanno
(ri)scoprire una notevole vena narrativa che sotto la superficie
dell'aneddoto, del ricordo, della testimonianza, dell'intervento
critico veicola pensieri e riflessioni di alto livello. E allora è
molto stimolante ma anche divertente leggere le note di regia per le
messe in scena di alcune opere liriche, l'esilarante dizionario delle
memorie d'infanzia partendo dalle parole che maggiormente hanno
segnato Gregoretti nei primi anni di vita, le polemiche in occasione
della sua versione televisiva dell'Italiana in Algeri di Rossini del
1976, quelle in occasione di un suo articolo provocatorio in difesa
della parolaccia televisiva, la lettera con la quale nel 1970
chiedeva l'iscrizione al Pci, l'introduzione a una raccolta di poesie
di Luigi De Filippo, gli interventi sul cinema muto napoletano,
quello a un convegno su cinema e psicoanalisi, quello sul difficile
rapporto tra cinema e televisione, le originali riletture che ha
fatto di alcuni classici della letteratura con i suoi sceneggiati
televisivi, i racconti del grande documentarista in particolare del
suo Apollon, una fabbrica occupata, uno dei migliori documentari
italiani sulle lotte operaie,il ricordo in occasione della scomparsa
dell'amico Stefano Satta Flores e di Luigi Comencini, le note sul
montaggio da lui coordinato del film collettivo sui funerali di
Enrico Berlinguer, le autointerviste e le recensioni immaginarie.
Da questo prezioso magma
si staglia una figura di artista-intellettuale che nella sua
particolarità ed estremistica condizione è paradigmatica
dell'involuzione del mondo italiano della cultura e dello spettacolo.
alias - il manifesto, 19 gennaio 2013
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