18.10.10

La parola italiana più nota nel mondo? Insieme a "ciao", "pizza" (di Gian Luigi Beccaria)

Un altro capitolo della bella rubrica Parole in corso, che l'insigne linguista Beccaria cura per "Tuttolibri", il supplemento letterario de "La Stampa", oggi, purtroppo, un po' più di rado. L'articolo è stato pubblicato il 24 maggio 2008 e, lievemente rimaneggiato, è entrato a far parte del bellissimo recente libro di Beccaria sulle "parole del gusto", Misticanze, Garzanti 2009. Vi si racconta tra l'altro di un tentativo, fallito, di trapianto della pizza nella capitale alla fine dell'Ottocento. Nessuno al tempo poteva immaginarne lo straordinario successo mondiale.
Sofia Loren e Giacomo Furia pizzaioli ne L'oro di Napoli
Mi chiedono qual è la parola italiana oggi più nota fuori d’Italia. Direi, insieme a ciao, pizza. Pensare che sulla sua fortuna nessuno ci avrebbe giurato in passato. Collodi, nel Viaggio per l’Italia di Giannettino (1886), ne dà questa descrizione: «Vuoi sapere che cos'è la pizza? È una stiacciata di pasta di pane lievitata, e abbrustolita in forno, con sopra una salsa di ogni cosa un po’. Quel nero del pane abbrustolito, quel bianchiccio dell’aglio e dell’alice, quel giallo verdacchio dell’olio e dell’erbucce soffritte e quei pezzi rossi qua e là di pomidoro dànno alla pizza un’aria di sudiciume complicato che sta benissimo in armonia con quello del venditore». Il suo trapianto fuori Napoli fu un vero fallimento.
Matilde Serao, nel 1884 (Il ventre di Napoli), racconta: «Un giorno, un industriale Napoletano ebbe un’idea. Sapendo che la pizza è una delle adorazioni culinarie napoletane, sapendo che la colonia napoletana in Roma è larghissima, pensò di aprire una pizzeria in Roma […]Sulle prime la folla vi accorse: poi, andò scemando. La pizza, tolta al suo ambiente napoletano, pareva una stonatura e rappresentava una indigestione; il suo astro impallidì e tramontò, in Roma». Insieme a pizza, altre parole della gastronomia vulgatissime fuori d’Italia sono espresso e cappuccino. In Inghilterra vedo che dicono anche lungo e macchiato.
Pure parmigiano è oggi nel mondo tra gli italianismi più noti. Sin dagli Anni Novanta tiramisù è diventato il dolce più popolare in Giappone. A Madrid ci sono ristoranti come «Paparazzi» e nomi di bar come «Andiamo», «Dove vai», «Molto bene». A New York e Chicago «Aboccaperta», «Cicciolina», «Iperbole», «Dolce vita». Ancora a New York alcuni ristoranti ricordano ora Fellini («Gradisca»), ora capolavori e autori italiani («La Gioconda», «Dante»), oppure la musica («Intermezzo»), e nostri luoghi turistici d’obbligo («Firenze», «Roma», «S. Pietro»), o voci ritenute tipicamente italiane («Babbo», «Bella Mamma», «Al Dente Ristorante»), il calcio («Azzurri Cafè»), e anche nostre peculiarità negative («Pasta Connection»).
Come ci informa un italianista americano, H. W. Haller, nei ristoranti newyorkesi trovi nei menu piatti dai nomi fantasiosi, purché suonino italiani: «Farfalle al limoncello», «Chicken scarpariello», «Salsiccia san Gennaro», «Shrimp Fra Diavolo», «Strozzap(r)eti Primavera».

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