Presento qui una stravagante pagina di uno stravagante letterato. Poeta, narratore, giornalista, Ernesto Ragazzoni (1870 - 1920) è tra gli irregolari del primo Novecento il più bizzarro e imprevedibile. Giornalista indisciplinato è ricordato per i suoi iconoclastici rovesciamenti della gerarchia delle notizie (la conquista del Polo Nord tra le "brevi" e nello stesso giorno un lungo eccentrico commento a un non evento come la passeggiata di un professore in pensione). Il pezzo qui postato, degli anni della Grande Guerra, potrebbe rientrare nel "giornalismo di guerra", ma è di una lampante ambiguità: non s'intende se ironizza o fa il serio, quanto ironizza e quanto fa il serio, quando ironizza e quando fa sul serio. (S.L.L.)
Salutiamo! Rintanati in una trincea, – irsuti e belli – figure di vivente fango ed anime di fuoco, – un gruppo d'uomini – soldati d'Italia, – col petto offerto alla morte pur si balocca colla morte. La mitraglia squarcia il cielo, la granata trasforma in un cratere in eruzione la terra che tocca, l'aria è piena di sibili e di tuoni, la fine può essere ad un passo, può essere tra un minuto, – e sulle labbra giovani, sulle labbra forse sul punto di chiudersi, il sorriso pur dura, e la celia, il frizzo, l'arguzia non s'aggelano. Le palle fischiano senza interruzione: «senti stamattina come i rusignoli cantano!» dice uno. – Una bomba si affonda nella melma senza scoppiare. «La signora prende il suo bagno» un altro osserva, «ma si buscherà un raffreddore». Un cannone, dalla vallata, tenta cogliere una posizione elevata. Lo si commisera: «è un tenore, ma poveretto, è costretto a cantare da basso». E dinanzi ai fulmini, tra la ruina, sotto alle tempeste del piombo e del ferro, la risata non si tace, ma zampilla, pullula, si propaga, e la morte che guarda, la morte onnipotente che è da per tutto e il piú umile, se tocca, trasforma in eroe, la morte rende questa risata sublime.
Signori, salutiamo!
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