28.10.10

Un nuovo intervento su Berlinguer. Vieni avanti Fassino.

Il 15 ottobre scorso, su “La Stampa”, Piero Fassino risponde alle domande di Jacopo Jacoboni sulla Marcia dei 40 mila di trent’anni prima a Torino e sulla durissima vertenza in cui si inseriva. La sua intervista contiene, trent’anni dopo, uno scoop. Berlinguer – secondo Fassino – non disse né fece intendere che il Pci avrebbe appoggiato gli operai in lotta anche nel caso di occupazione della fabbrica; era anzi una ipotesi cui non solo era contrario, ma che intendeva assolutamente contrastare: “Tanto è vero che né a Rivalta, né a Chivasso, né al Lingotto fece alcun riferimento in tal senso… A Mirafiori, quando il delegato della Fim, Liberato Norcia, gli fa quella domanda a bruciapelo, Berlinguer risponde "noi staremo sempre politicamente e organizzativamente dalla parte dei lavoratori..."; ma subito dopo aggiunge che "le forme di lotta bisogna deciderle tutti insieme e col sindacato", e lui sapeva che il sindacato era contro l'occupazione”.
Secondo Fassino Berlinguer rimase sorpreso e sconcertato leggendo sull’Ansa “‘noi staremo sempre dalla parte dei lavoratori’, senza la restante parte della frase e con un titolo che accreditava un via libera all'occupazione”. La spiegazione che Fassino dà di codesta presunta falsificazione è che Marco Benedetto, il capo ufficio stampa della Fiat, era intervenuto sull’Ansa con un lavoro di condizionamento. L’indomani sullo stesso quotidiano Benedetto ha gioco facile nel rintuzzare queste poco credibili accuse. Dice: non eravamo la Spectre, non eravamo di condizionare l’Ansa la cui redazione, come tutte quelle d’allora, era fortemente sindacalizzata e politicizzata e non avrebbe facilmente tollerato una censura su Berlinguer. Aggiunge: “A Mirafiori non c’ero ma in piazza san Carlo il discorso fu inequivoco… Berlinguer disse più o meno queste parole: 'Se voi occuperete noi saremo con voi'”. E, invero, non c’era bisogno di attendere la testimonianza di Benedetto: a San Carlo come a Mirafiori c’era tantissima gente che ricorda e la solidarietà incondizionata di Berlinguer è passata nei libri di storia.
La testimonianza di Fassino appare perciò scarsamente attendibile e rivela una sorta di ossessione del “birmano” contro Berlinguer. Qualche anno fa, quando era segretario dei Ds, in una sorta di autobiografia-manifesto aveva scritto che Craxi era la modernità e aveva ragione e Berlinguer era il passato e aveva torto, cosa che ha ribadito all’inizio di quest’anno, nel decennale di Craxi. Forse si è accorto che l’operazione di demonizzazione di Berlinguer, di fronte ad una nuova sempre più evidente questione morale che tocca il suo stesso partito, non funziona e cerca di accreditare l’immagine di un Berlinguer pompiere (con un occhio alle questioni Fiat di oggi). Ma certe trovate durano un giorno e Fassino fa di nuovo la figura del fessacchiotto.

P.s. Fassino nella sua intervista fa riferimento a un documento sulla Fiat che egli scrisse insieme a un altro dirigente comunista morto, Napoleone Colajanni. A Napoleone, ch’era stato mio senatore a Gela, telefonai da Perugia nell’autunno dell’88 per chiedergli di partecipare a un dibattito che, con personalità interne ed esterne al partito, come Associazione “Segno critico” volevamo organizzare sulle tesi congressuali del “nuovo Pci” occhettiano. Dal Pci di Perugia ci dissero che sarebbe potuto intervenire Fassino (poi non venne e vi partecipò Carnieri, segretario regionale). Lo dissi a Colajanni, sperando che la presenza dell’autorevole occhettiano torinese lo invogliasse ad accettare. Mi disse: “Io non vengo a fare dibattiti con un ...”. L’epiteto che usò lo lascio indovinare a chi legge.

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