11.7.14

I 50 anni di Pippo, il vero eroe nato come spalla (Ranieri Carano)

L'augurio che di Pippo si scriva ancora su “l'Unità” in occasione del suo centenario, cioè nel 2032, con cui si chiude questo informato e divertente articolo commemorativo di trentadue anni fa, rischia di andare a vuoto per la vita stentata dell'ex quotidiano ufficiale del PCI, fondato da Antonio Gramsci. (S.L.L.)
Quasi tutti compiamo cinquant'anni prima o poi, purtroppo. Oggi non è un gran traguardo, e non è neppure il caso di vantarsene troppo. Ma per un personaggio dei fumetti essere vivo e vitale è ancora qualcosa. È vero che ci sono dei vecchioni ormai quasi centenari, come i monellacci di Bibì e Bibò per esempio, ma sono eccezioni: i più se ne vanno ancora in fasce.
Non è il caso di Pippo che proprio quest'anno — in maggio, dicono gli esperti — scavalcherà agevolmente il mezzo secolo, sopravvivendo al suo creatore e a tutta una serie di suoi disegnatori, i migliori della scuderia Disney, da Ub Iwerks a Carl Barks.
Pippo nasce in un cartone animato, con un nome provvisorio («Dippy Dawg», cane pazzo) e senza le brache, come del resto molti suoi confratelli. Soltanto qualche tempo più tardi passerà sulla carta stampata, sarà chiamato Goofy («stupidotto», più o meno) e indosserà pantaloni verecondi sebbene per niente inappuntabili.
Pippo Goofy è un cane-uomo, o se vogliamo antropomorfo, non un cane-cane come Pluto; una specie di bracco sgangherato, di dubbio pedigree, del tutto sprovvisto dell'istinto della caccia. È comunque fedele, il cane più fedele di Topolino, assai più del cane-cane Pluto, sempre pronto al tradimento e quanto meno all'inganno. Viene affiancato al solerte topo e subito i due formano coppia fissa, mentre viene quasi completamente emarginato il cavallo Orazio: provvedimento assai positivo perché la coppia formata dagli attivissimi, razionali e «all-american» Topolino e Orazio era francamente insopportabile. Inoltre i due, a parte la statura, erano uguali in tutto e per tutto, quasi come i nipoti di Paperino. È difficile dire se nelle intenzioni di Walt Disney (o chi per lui) l'introduzione di Pippo nella cerchia di Topolino dovesse servire a porre in maggior risalto l'intelligenza, l'acume e l'estro di quest'ultimo. Certo il nome non lascerebbe dubbi, e neppure l'estrema ingenuità e creduloneria — almeno iniziale — del personaggio. Sia come sia, Pippo sfugge a un certo punto al suo cliché. Il suo quoziente d'intelligenza non cresce di molto, a meno che non subisca qualche trauma cranico: in tal caso diventa scienziato prodigioso o accademico di rara sapienza (esattamente come il suo epigono Jerry Lewis). Eppure piano piano le lacune culturali e razionali di Pippo scivolano in posizione subordinata rispetto alle sue straordinarie doti di saggezza, calma olimpica e disinteresse totale. E probabile che un tale personaggio, così lontano da ogni volontà d'attivismo e dal «sogno americano» dell'epoca, dovesse avere teoricamente una connotazione negativa; ma allora bisognava cercare a tutti i costi di renderlo antipatico. E invece, com'è noto a tutti, Pippo è la creatura più simpatica del mondo disneyano.
Eh sì, lo «stupido» Pippo sprizza simpatia da tutti i suoi numerosi pori, dalla bocca immensa sempre spalancata in un sorriso felicemente ebete, dall'andatura faticosa e caracollante di giuggiolone lungo lungo (come il primo James Stewart), dall'essere sempre disponibile pur in una sua pigrizia senza fine. Simpatico Pippo lo è anche nei suoi rari momenti di collera o quando mette il pepe rosso nei canditi. E perfino quando, in una serie di cartoni animati quasi drammatici, gli si fa interpretare, appunto nella sua qualità di «stupido» cronico, la parte dell'uomo moderno schiacciato dalla pubblicità, dai rumori, dagli psicofarmaci, dall'alcool o dal fumo: un Pippo tragico, si fa per dire, trastullo di un sistema protoconsumistico (si era negli anni Quaranta) eppure sempre... irresistibilmente simpatico. Tanto simpatico da prenotare fin d'ora uno spazio su queste colonne per il centenario; perché Pippo-Goofy tra cinquant'anni sarà certamente ancora vivo e vegeto.

“l'Unità”, 6 febbraio 1982

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