12.7.14

Perché è facile citare Oscar Wilde (Ginevra Bompiani)

Perché è sempre così facile citare Oscar Wiide? Non basta dire che !a sua prosa era una catena di paradossi costruita nel tono della conversazione e gettata come un guanto sopra la spalla: non basta perché non è vero. Come giustamente rileva Masolino D'Amico (a cui si deve quanto di serio e di buono è stato fatto in Italia su Wilde), non solo il pensiero di Wilde è un insieme coerente di verità premature, ma si trova su quella scia di pensiero che corre da Coleridge a Keats, a Gautier, a Poe, a Baudelaire, a Swinburne, a Pater.
Ma citarlo oggi è un altro modo di non prenderlo sul serio. Di non mettere alla prova della verità le sue parole, di costringerlo ancora a scherzare. Naturalmente Wilde scherzava. Scherzava perché non appena smise di farlo fu condannato a due anni di lavori forzati (ne testimonia il brano riportato in questi Saggi, dove Wilde difende, meglio di Galileo, le proprie affermazioni contro l'inquisitore Edward Carson). Scherzare significa dire la verità impunemente.
In questa raccolta - che contiene, oltre agli scritti più noti, alcuni insoliti e piacevolissimi - vi è un breve scritto su Chuang Tsù, saggio cinese del IV secolo avanti Cristo, che Wilde definisce «la più caustica critica della vita moderna in cui mi sia imbattuto». «È chiaro che Chuang Tsù, è uno scrittore assai pericoloso», scrive Wilde, «e la pubblicazione del suo libro in inglese, duemila anni dopo la sua morte, è evidentemente prematura». Così è per Oscar Wilde, scrittore eminentemente saggio, e come tale costretto a parlare ai suoi contemporanei non tanto per paradossi quanto per apologhi.
La forma che assumeva la sua saggezza ce la rivela Andre Gide nelle memorie che scrisse un anno dopo la morte di Wilde (e di cui alcuni brani sono riportati in un curioso libretto sul soggiorno napoletano di Wilde e Alfred Douglas dopo la prigionia): «Wilde non conversava: raccontava», dice Gide. E questa sua notazione è confermata da Wilde: «Credono che i pensieri nascano nudi... Non capiscono che non posso pensare altrimenti che per racconti. Lo scultore non cerca di tradurre in marmo il suo pensiero; pensa in marmo, direttamente».
Come Chuang Tsù, come ogni saggio, Wilde raccontava: è questo suo talento di raccontatore saggio, sotto la fluida forma del dandy, che si offre in verità alla citazione; un racconto infatti è sempre citabile perché non ha contesto, e Wilde stesso citava, di quando in quando, i propri racconti come si cita un proverbio.
Eccone un esempio: quando Narciso morì, i fiori dei campi chiesero al fiume lacrime per piangerlo. Il fiume rispose: «Non bastano a me le lacrime: lo amavo». «E come potevi non amarlo?», dissero i fiori: «Era bello». «Era bello?», disse il fiume. «Chi può saperlo meglio di te? Ogni giorno chino sulle tue acque ad ammirarvi la sua bellezza...». «Se lo amavo», rispose il fiume, «è perché quando si sporgeva sulle mie acque vedevo il loro riflesso nei suoi occhi».


L'Europeo, ritaglio senza data, probabilmente 1981

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