La fine dell'Anno Santo
ha conquistato lo status di prima notizia nei tg del 20 novembre, ma
non mi pare che questo rimedi al flop del “Giubileo della
misericordia” o, come dicono, “di papa Francesco”.
La chiusura delle “porte
sante”, come l'anno scorso l'apertura, si è svolta in due tempi.
Una settimana prima del rito conclusivo a Roma, in piazza San Pietro,
domenica 13 sono state serrate quelle “particolari”, sparse in
tutto il mondo (almeno una per diocesi), che con il loro
attraversamento consentivano di mondarsi “in loco” dalle colpe,
senza essere obbligati a un costoso e faticoso pellegrinaggio a Roma.
Ho assistito al rito perugino, nelle intenzioni solenne, in realtà
piuttosto di routine. Il
cardinale Bassetti, citando il profeta Malachia, ha promesso il
sorgere di “un sole di giustizia” e di “un mondo nuovo”, in
cui “i superbi che hanno spadroneggiato in questo mondo, svaniranno
come la paglia sul fuoco” e ha parlato delle tragedie dell'anno
trascorso, tra cui, particolarmente presente, il terremoto,
valorizzando i segni di solidarietà e d'amore che si sono
manifestati. Ha abbozzato infine un giudizio sul Giubileo, “un
tempo formidabile sul piano della grazia, i cui esiti sono noti
soltanto a Dio e, in qualche misura, ai confessori”. Ha dato i
numeri solo per il recente pellegrinaggio regionale in Vaticano
concluso da un incontro con il Papa e svoltosi il 22 ottobre: 7500
partecipanti. Ha annunciato, come segno di grazia, l'imminente
ordinazione di 4 nuovi diaconi, un giovane ingegnere che aspira al
sacerdozio e tre più maturi signori impegnati in attività
ecclesiastiche e nella distribuzione ai malati di ostie consacrate,
di cui due sposati con prole. La parola d'ordine della predica di
Bassetti, come di altre, consimili omelie riferite dalla stampa e
dalla rete, è che si conclude il Giubileo della Misericordia ma è
sempre operante la misericordia del Padre cui il credente, fragile e
peccatore, può sempre rivolgersi con la certezza del perdono. Sulla
stessa linea l'editoriale su “la Voce” del vescovo di Città di
Castello, Domenico Cancian, per il quale “la Misericordia non si
chiude mai”.
Nello stesso numero del
settimanale dei vescovi dell'Umbria (venerdì 11 novembre) si può
leggere, a firma Laura Lana, un articolo di bilancio complessivo sul
Giubileo in Umbria. È centrato su tre santuari, quello dell'Amore
Misericordioso a Colvalenza, quello di Santa Maria degli Angeli in
Assisi e quello di Santa Rita a Cascia. Il rettore di Colvalenza
parla di un forte aumento di pellegrini e cita come esempio l'arrivo
in massa di 3000 penitenti da Albano, ma spiega come più che
l'affluenza conti il clima di fede e di fiducia: “Confessionali
sempre pieni”. Il rettore della Porziuncola preferisce non dare
numeri e ricorda piuttosto le tre visite in Assisi di Bergoglio,
“pellegrino fra i pellegrini”. Chi, ad Assisi, dà i numeri è la
Statio peregrinorum, una
sorta di ufficio di statistica in capo ai frati della Basilica di San
Francesco, inaugurato nel 2015 in collaborazione con la Regione e
Sviluppumbria: registra i flussi dei pellegrini, distinguendo secondo
la modalità dell'arrivo (a piedi, in bicicletta, a cavallo o in
bandbike), e secondo le esigenze di accoglienza (ospitalità,
ascolto, assistenza spirituale, partecipazione alla liturgia). Dal
2015 al 2016 i pellegrini registrati sono passati da 1600 a 3200.
Considerato l'anno giubilare e le presenze papali difficilmente può
considerarsi un successo. In relazione al santuario di Cascia,
infine, si parla soprattutto degli effetti del terremoto, con il
trasferimento delle monache: le più anziane in un convento fuori
regione, le altre in città nel monastero dei padri Agostiniani per
continuare ad assicurare conforto nelle zone colpite dal sisma. Tra
le buone notizie c'è la messa in sicurezza delle reliquie di Santa
Rita, la celebre santa dei miracoli “impossibili”.
La sottolineatura
dell'elemento spirituale rispetto al dato quantitativo si legge anche
nei comunicati ufficiali vaticani. Il raddoppio delle presenze in un
anno giubilare neanche a Roma può ritenersi un successo, ma
probabilmente non era a questo tipo di successo che Bergoglio mirava,
indicendo un Anno Santo decentrato, con porte sante in ogni diocesi.
L'idea era quella di
ripetere a livello locale quanto a livello centrale era avvenuto nel
2000: alle celebrazioni giubilari avrebbero dovuto infatti
partecipare intere comunità guidate dalle autorità laiche e
categorie organizzate (operai, contadini, artigiani, infermieri,
insegnanti, giudici), di credenti non necessariamente praticanti.
Tutto ciò allo scopo di favorire un nuovo, più forte radicamento
nel territorio dell'istituzione ecclesiastica. A giudicare
dall'Umbria questo progetto è abortito: il Giubileo ha coinvolto
solo gente di chiesa. Qualche successo il papa ha forse registrato
nel tentativo di spingere, con l'insistita predicazione della
misericordia e attraverso l'istituzione dei cosiddetti “missionari
della misericordia”, le strutture ecclesiastiche a un più forte
impegno assistenziale verso categorie che vivono ai margini della
società: prostitute, barboni, senzatetto, carcerati, migranti. Non è
un caso che il “Giubileo dei senza fissa dimora” sia stato
l'ultimo ad essere celebrato, e con particolare solennità.
La chiusura della Porta
Santa nella Basilica Vaticana si è svolta nella mattinata del 20
novembre. Nella piazza San Pietro, provvidenzialmente risparmiata
dalla pioggia nelle ore chiave della cerimonia, c'era una moltitudine
di grandi dignitari della Chiesa vestiti in pompa magna: vescovi con
la mitra, cardinali con lo zucchetto rosso, guardie svizzere,
Cavalieri del santo sepolcro e membri di tante confraternite. E
c'era, immancabile, Matteo Renzi non lontano dal presidente
Mattarella.
Bergoglio ha chiuso la
porta, ha ringraziato e pregato e si è prodotto in una omelia
piuttosto rituale, affidando la riflessione conclusiva sull'Anno
Santo ad una intervista – già registrata, ma messa in onda solo
nella serata dalla rete televisiva della Cei, TV2000 - e ad una
lettera apostolica alla sua Chiesa, che sarebbe stata pubblicata e
illustrata alla stampa da monsignor Fisichella, il ruiniano destrorso
che Bergoglio ha messo a capo del Giubileo.
L'intervista è
particolarmente dedicata alle esperienze di confessore di Bergoglio,
che rammenta sofferenze indicibili in una con i pentimenti di
prostitute e delinquenti comuni. (Chissà perché non si pentono e
non si confessano mai governanti guerrafondai, generali macellai,
finanzieri affamatori e industriali inquinatori!). Quando gli
chiedono del rapporto della Chiesa con gli Stati e i governi in
questo tempo di “guerra a pezzi” Bergoglio è particolarmente
evasivo, incolpa di tutto quella che chiama “cardiosclerosi”,
accusa soprattutto i mercanti d'armi. C'è un evidente arretramento
rispetto all'enciclica Laudato si',
in cui il papa argentino aveva avanzato una critica radicale ai
valori fondanti del mondo d'oggi, unificato da un modo di vivere e
produrre che aumenta le ingiustizie sociali e offende l'ambiente e in
cui prospettava per la cristianità il ruolo di soggetto di riforma.
Oggi ripiega sulla “rivoluzione della tenerezza”, sull'idea che
compito della Chiesa sia di ammansire i cuori dei potenti per
limitare i danni, riservandole un ruolo (possibilmente protetto e
finanziato) di assistenza e di conforto per le vittime innocenti del
sistema. Insiste, anche per questo, su una “chiesa povera”, cioè
sulla sobrietà degli stili di vita degli ecclesiastici, ricorrendo
alla ricca aneddotica sui nipoti che si contendono le sostanziose
eredità dei preti. Ma anche su questo l'impressione è che sia voce
chiamante nel deserto.
Un
piccolo passo avanti si può forse leggere nella Lettera apostolica
Misericordia et misera, una
sorta di bilancio dell'Anno Santo straordinario che ne rilancia i
temi, diretta “a quanti la leggeranno”. È documento complesso,
che probabilmente vale una riflessione più approfondita. Qui voglio
riprendere solo la trionfalistica valutazione del Giubileo, forse
involontariamente comica in un anno di guerre, terremoti e disastri:
“Abbiamo celebrato un Anno intenso, durante il quale ci è stata
donata con abbondanza la grazia della misericordia. Come un vento
impetuoso e salutare, la bontà e la misericordia del Signore si sono
riversate sul mondo intero”.
I
primi commenti insistono sulla istituzione di una giornata mondiale
della povertà, sulla conferma della scelta inclusiva verso i
divorziati risposati che accettano l'impegno della castità e
dell'assoluzione da concedere alle donne che hanno abortito e ai
medici che le hanno aiutato se intenzionati a non più commettere
l'esecrabile infanticidio. Un'apertura, certo, ma timida, troppo
timida.
“micropolis”
novembre 2016
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